PENSIERI SULLA PRIMA CORINZI (seconda parte)

MARANATHA μαραναθα מרנאתא
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PENSIERI SULLA PRIMA CORINZI (seconda parte)

5 aprile 2022

 

Presento una serie di riflessioni sulla prima lettera di Paolo ai Corinzi scritte nel 1995, ma mai pubblicate finora. Questa è la seconda parte.

 

* * *

 

IL REGNO È PER CREDENTI CHE AMANO LE COSE SPIRITUALI DI DIO (1Corinzi 2:13ss)

Per penetrare profondamente nell’ideologia del Regno occorre avere occhi capaci di vedere e orecchi disposti ad ascoltare.

«Camminiamo per fede e non per visione» (2Cor 5:7).

Da un lato, occhi per vedere, mediante la fede, l’opera della salvezza dispiegata dal Padre nel corso della storia umana e conclusasi in Cristo Gesù venuto e veniente (cfr. maranatha in 1Cor 16:22).

 

Per un’analisi della parola aramaica maranatha, vedi in questo sito, sezione CURIOSITÀ (E NON SOLO) del 4 aprile 2022 (o clicca qui sotto).

MARANATHA μαραναθα מרנאתא

 

«Chi ha orecchi, oda» (Mt 11:15).

«Chi ha orecchi ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese» (Ap 2:7,11,19; 3:6,13,22).

Dall’altro lato, orecchi per ascoltare, ai fini della salute spirituale, il solo messaggio evangelico, scansando in pari tempo le falsità filosofiche del mondo e i miraggi di conoscenza / salvezza proposti dall’uomo peccatore per tendenza. Preghiamo che dinnanzi agli occhi e negli orecchi della fede vi sia sempre il Crocifisso – la vita nostra (Col 3:4), la nostra speranza (1Tm 1:1), il nostro modello da imitare (1Ts 1:6) – e la sua Parola.

 

«Ora noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito che viene da Dio, per conoscere le cose che Dio ci ha donate; e noi ne parliamo non con parole insegnate dalla sapienza umana, ma insegnate dallo Spirito, adattando parole spirituali a cose spirituali. Ma l’uomo naturale non riceve le cose dello Spirito di Dio, perché esse sono pazzia per lui; e non le può conoscere, perché devono essere giudicate spiritualmente. L’uomo spirituale, invece, giudica ogni cosa ed egli stesso non è giudicato da nessuno. Infatti “chi ha conosciuto la mente del Signore da poterlo istruire”? Eppure noi abbiamo la mente di Cristo» (1Cor 2:12-16).

Si entra e ci si inoltra nel Regno seguendo unicamente gli insegnamenti dello Spirito, che espone cose spirituali, perfette (cioè mature), a chi è spirituale. Non si deve accettare il Regno come creature “naturali” che si attengono solo ai lumi pagani e non alla Parola di Dio, perché i cristiani hanno ricevuto un dono straordinario: la mente di Cristo.

 

COLLABORATORI DI DIO NEL REGNO (1Corinzi 3)

«Che cos’è dunque Apollo? E che cos’è Paolo? Sono servitori, per mezzo dei quali voi avete creduto; e lo sono nel modo che il Signore ha dato a ciascuno di loro. Io ho piantato, Apollo ha annaffiato, ma Dio ha fatto crescere; quindi colui che pianta e colui che annaffia non sono nulla: Dio fa crescere!» (1Cor 3:5-7).

«Ho scritto qualcosa alla chiesa; ma Diotrefe, che aspira ad avere il primato tra di loro, non ci riceve. Perciò, se vengo, io ricorderò le opere che fa, sparlando contro di noi con parole maligne; e non contento di questo, non solo non riceve egli stesso i fratelli, ma a quelli che vorrebbero riceverli impedisce di farlo, e li caccia fuori dalla chiesa» (3Gv 1:9-10).

Come in tutti gli aspetti della vita quotidiana, anche in quella del Regno il tempo si rivela impietoso, mettendo a nudo vittorie o sconfitte, qualità spirituali o carnali. A ben guardare, infatti, anni o addirittura decadi di militanza nella Chiesa non comportano automaticamente avere una fede matura, che è invece il frutto della pratica spirituale quotidiana basata sulla Parola del Signore. Seppure cristiani da molti anni, possiamo risultare compiutamente acerbi. Nel flusso della loro storia i credenti in Cristo, trascurando quei valori spirituali che avrebbero dovuto guidarli alla salvezza eterna, hanno sovente manifestato faciloneria e carnalità grazie a una attitudine “pagana”, cioè circoscritta alla superficie delle cose e al capriccio del divenire storico, senza veri e biblici approfondimenti sui fondamenti della fede (i “pagani” non avevano testi sacri paragonabili all’Antico e al Nuovo Testamento).

A riprova di quanto appena detto, si pensi soltanto all’ingiusta preferenza accordata a questo o a quel predicatore, a questo o a quel fratello. Talora ci si è davvero ingannati sull’ufficio dei ministri nella Chiesa. Verso la fine del I sec. d.C. l’apostolo Giovanni era costretto a combattere contro Diotrefe e le sue tendenze accentratrici (1Gv 3:9: philoprotèuo φιλοπρωτεύω, “voler essere il primo”: solo qui nel N.T.). E sembrerebbe che proprio in quello stesso giro di anni inizi a palesarsi il cosiddetto “episcopato monarchico” che sconvolge l’ordinamento ministeriale collettivo maschile voluto dal Signore circa il governo della chiesa locale. Si passa da un gruppo di anziani / vescovi / pastori al controllo di uno di essi sugli altri. Quindi, un vescovo (epìskopos) si erge sugli altri anziani (presbýteros, donde l’italiano “prete”), sì da avere “il vescovo e i preti” della tradizione cattolica (a cui poi si aggiungeranno i “diaconi”). Nella lunga gittata queste inclinazioni assolutiste hanno portato, nella Chiesa, all’acquisizione di un forte potere religioso da parte di astuti personaggi, titolari di un vero e proprio impero terreno (solo apparentemente spirituale) tuttora perdurante nel nostro Paese e altrove.

 

Sulla terminologia dei ministri neotestamentari, si veda in questo sito, sezione CHIESA DEL N.T. del 18 settembre 2021 (o clicca qui sotto).

https://www.chiesadicristoinpisa.it/i-ministeri-nella-chiesa-la-terminologi/

 

Oggi si può ricostruire storicamente il disgraziatissimo passaggio – nella chiesa locale – dal governo collettivo di anziani / vescovi / pastori (At 14:23; 20:28; Fil 1:1) all’autorità di un unico vescovo. Questo studio non è soltanto assai interessante dal punto di vista storico, ma è anche utile per corroborare la fede basata sulle testimonianze neotestamentarie, le uniche che davvero contino e che sono state quasi sempre inascoltate e disattese nella tormentata storia del cosiddetto “cristianesimo”.

 

Circa il dovuto ma limitato rispetto che si deve ai ministri (letteralmente, ai “servitori”) del Vangelo, uno straordinario monito ricorre nel terzo capitolo della prima lettera ai Corinzi. Paolo, mediante l’immagine del campo e dell’edificio, mostra chiaramente che l’opera nel Regno è bensì servizio a Cristo e per Cristo, ma è anche servizio ai peccatori da convertire e poi per i peccatori convertiti. Storicamente si può notare come, purtroppo, di volta in volta, i membri di chiesa non siano stati affatto i collaboratori di Dio nell’evangelizzazione del mondo schiavo di Satana, essendo maggiormente preoccupati di ottenere il potere nella chiesa. Da servitori si sono fatti sovrani. Quale disgrazia!

 

«Che cos’è dunque Apollo? E che cos’è Paolo? Sono servitori, per mezzo dei quali voi avete creduto; e lo sono nel modo che il Signore ha dato a ciascuno di loro. Io ho piantato, Apollo ha annaffiato, ma Dio ha fatto crescere; quindi colui che pianta e colui che annaffia non sono nulla: Dio fa crescere!» (1Cor 3:5-7).

«Vado forse cercando il favore degli uomini, o quello di Dio? Oppure cerco di piacere agli uomini? Se cercassi ancora di piacere agli uomini, non sarei servo di Cristo» (Gal 1:10).

«Ci preoccupiamo di agire onestamente non solo davanti al Signore, ma anche di fronte agli uomini» (2Cor 8:2).

«Dico a ciascuno di voi che non abbia di sé un concetto più alto di quello che deve avere, ma abbia di sé un concetto sobrio, secondo la misura di fede che Dio ha assegnata a ciascuno» (Rom 12:3).

Nel campo che è la Chiesa di Cristo (1Cor 3:9), talora il cristiano pretende di essere Dio e non il semplice seminatore e irrigatore del Vangelo (v. 6). Vuole essere accrescitore e giudice, dimenticando che queste sono prerogative di Dio. L’unico ruolo del cristiano è quello di ministro, il fedele servitore nel Regno che non merita particolare encomio perché ha fatto il suo, ciò che doveva fare (Lc 17:7-10). Esemplari, in proposito, le parole dell’apostolo Paolo in Rom 12:3.

Nel ministero ciascun cristiano resta esposto al giudizio divino e a quello dei confratelli (1Cor 3:10-15; 2Cor 8:2). Bisogna pertanto chiedersi: quale fondamento viene gettato nelle chiese (v. 11)? Cristo Gesù o altro? Nonostante sia basata sull’unico Figlio di Dio / principio guida (Gesù Cristo), la chiesa locale ha in svariate occasioni passivamente accettato che alcuni membri guardassero più all’uomo che al Signore, creando in tal modo scompiglio e divisioni. Tali falsi credenti si sono ritagliati feudi a misura delle loro esigenze gettando la Parola da un lato, al fine di stabilire il proprio potere basato sulla capacità di adulare e essere adulati (Giuda 1:16). L’approssimazione e la cecità spirituale di alcuni membri di chiesa potrebbero riverberarsi, per responsabilità diretta, su tutta la chiesa. Ciò che Paolo dice ai Corinzi (1Cor 3:16) vale anche oggi.

 

«E Gesù, avvicinatosi, parlò agli apostoli, dicendo: “Ogni potere mi è stato dato in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutte quante le cose che vi ho comandate. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dell’età presente”» (Mt 28:18-1:1).

«Quello che vedi, scrivilo in un libro e mandalo alle sette chiese: a Efeso, a Smirne, a Pergamo, a Tiatiri, a Sardi, a Filadelfia e a Laodicea». Io mi voltai per vedere chi mi stava parlando. Come mi fui voltato, vidi sette candelabri d’oro e, in mezzo ai sette candelabri, uno simile a un figlio d’uomo, vestito con una veste lunga fino ai piedi e cinto di una cintura d’oro all’altezza del petto» (Ap 1:11-13).

«Ricorda dunque da dove sei caduto, ravvediti, e compi le opere di prima; altrimenti verrò presto da te e rimoverò il tuo candelabro dal suo posto, se non ti ravvedi» (Rev. 2:5).

La Chiesa è perennemente al cospetto del Signore perché il Signore stesso è con lei (Mt 28:18ss). Egli cammina e vive in mezzo ai candelabri (chiese). Se necessario, li rimuove (Ap 2:5ss). La Chiesa non appartiene all’uomo ma a Cristo (Rm 16:16), e quindi i suoi membri (At 2:47) non hanno il diritto di infastidirla a motivo delle loro preferenze e del loro modo umano di ragionare e gestire le cose. La Chiesa è il tempio di Dio che rischia di essere profanato, qualche volta in modo addirittura sistematico. Ma Dio ama questo santo tempio e ne è vindice (1Cor 3:17). Chi continuerà a violare il tempio di Dio ha la propria sorte segnata, giacché inarrestabile è il corso della sua giustizia. Il cristiano deve sempre ricordare che il Cristo Dio ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei (Ef 5:25-33), acquistandola con il proprio sangue (At 20:28) quale Agnello senza macchia, senza peccato. Per questo ha potuto togliere il peccato dal mondo (Gv 1:29,36). Quale essere umano è in grado di fare altrettanto? Bisogna sempre temere l’uomo e affidarsi invece al Signore Gesù Cristo, nostro Dio incarnato nella pienezza dei tempi (Gal 4:4). «Dio, nostro Salvatore, vuole che tutti gli uomini siano salvati e vengano alla conoscenza della verità. Infatti c’è un solo Dio e anche un solo mediatore fra Dio e gli uomini, Cristo Gesù uomo» (1Tm 2:3-5). A che cosa servono, dunque, santi e madonne, i mediatori umani? Cristo non basta – egli che è Dio, la Parola di Dio incarnata, il nostro Signore, il Capo della Chiesa, il nostro Sommo Sacerdote che ha dato se stesso una volta sola per riscattare tutti gli esseri umani? La salvezza è per grazia in Cristo Gesù, mediante la fede in lui (Ef 2:8). Nessun uomo può salvare nell’aldilà il suo consimile perché non ne ha la forza. Solo Dio possiede questo potere e lo ha esercitato in Cristo Gesù.

 

Arrigo Corazza