FILIPPO E L’ETIOPE (At 8:26-40)
1 Novembre 2021LA NOZIONE DI “BARBARO” NEL N.T.
6 Novembre 20216 novembre 2021
«Al direttore del coro. Salmo di Davide, quando il profeta Natan venne da lui, dopo che Davide era stato da Betsabea.
Abbi pietà di me, o Dio, per la tua bontà; nella tua grande misericordia cancella i miei misfatti. Lavami da tutte le mie iniquità e purificami dal mio peccato; poiché riconosco le mie colpe, il mio peccato è sempre davanti a me. Ho peccato contro te, contro te solo, ho fatto ciò ch’è male agli occhi tuoi. Perciò sei giusto quando parli, e irreprensibile quando giudichi» (Sal 51:1-4).
* * *
L’accezione popolare vorrebbe identificare il termine di “profeta” unicamente in funzione della preveggenza. In realtà, a un’analisi dettagliata del significato biblico di questo vocabolo (in ebraico abbiamo nabì, in greco prophètes) e dell’attività profetica in genere, si nota che il profeta è il portavoce di Dio, è uomo del suo tempo, coinvolto attivamente nelle vicende della storia contemporanea. Il profeta, dunque, è, nell’A.T., l’araldo del Signore incaricato di annunciare la sua indefettibile volontà non solo al popolo d’Israele ma anche alle nazioni pagane. Contro la prevaricazione del potere, in difesa degli oppressi, i profeti alzano la voce loro, vindici dell’etica del Signore. Inoltre, inseriti nel gioco politico della loro epoca, esercitano una notevole influenza sotto l’aspetto ideologico, acquisendo un ufficio del tutto particolare, che li allontana, talora, dal palazzo e ponendosi piuttosto in posizione autonoma, dalla quale potevano giudicare la storia d’Israele passata, presente e futura – storia che diventava pertanto “storia sacra”.
Il profeta annuncia il volere di Dio, manifesta il suo giudizio sulla storia, inducendo gli ascoltatori ad assumere un atteggiamento dialettico verso i fatti e la legge di Dio. La storia d’Israele ci fa capire che i profeti inviati dal Signore furono spesso contestati, pagando talvolta con la propria vita la loro fedeltà all’esigenza divina di raddrizzare gl’Israeliti peccatori. Uno di questi profeti, Nathan, (un uomo di Dio illustre, purtroppo tra i più misconosciuti, noto più che altro per via della famosa profezia messianica rivolta a Davide: 2Sam 7:12ss), c’insegna un modello di comportamento sorprendente, del quale dobbiamo tenere conto.
IL PROFETA NATHAN
Fiorito durante l’epoca davidica (dunque, intorno al 1000 a.C.), Nathan (“dare”, “ha dato”, “dono”), di cui s’ignorano sia l’origine sia la fine e di cui non ci è pervenuto alcuno scritto, compare nell’A.T. nelle seguenti occasioni:
- quando Davide decide di costruire un tempio per raccogliere l’Arca dell’Alleanza (2Sam 7:1ss), Dio invia Nathan al re per comunicargli la sua promessa messianica.
- Dopo l’assassinio di Uria l’Ittita, commesso da Davide con la connivenza di Joab, Nathan, coraggioso e ligio all’etica divina, va a palazzo e rimprovera il re.
- Nella vecchiaia di Davide, Nathan briga, insieme con Betsabea, la moglie di Davide, perché Salomone ottenga la successione al trono, insidiata dal fratellastro Adonia (1Re 1:1ss);
- Nathan dispone, con Davide e Gad (il veggente del re), l’uso degli strumenti musicali da impiegare nel culto templare (2Cr 29:25).
La tradizione anticotestamentaria afferma che esistette il libro di Nathan (1Cr 29:29; 2Cr 9:29), in cui erano scritti i fatti di Salomone. Niente di tutto ciò ci è però giunto. L’autore dell’Ecclesiastico 47:1 (un’opera databile alle prime decadi del II secolo a.C., che non viene ritenuta ispirata né dagli Ebrei né dai non-cattolici) ritiene Nathan, dopo Samuele, il profeta più illustre attivo durante il regno davidico.
IL PECCATO DI DAVIDE (2SAMUELE 11)
La franchezza di Nathan risalta quando deve condannare il peccato del re Davide. Questi i fatti: gli Ebrei, guidati dal generale Joab, sono impegnati nella guerra contro gli Ammoniti, popolo stanziato nella Transgiordania. Il sovrano, rimasto a Gerusalemme, in una notte insonne vede una donna bellissima, Betsabea, che si bagna. Se ne invaghisce e infine la possiede. Dopo tale breve relazione, Betsabea rimane incinta: il che è un fatto grave, dato che la donna è sposata con Uria l’Ittita, valente soldato dell’armata ebraica in guerra contro Ammon (l’adulterio era punito assai severamente presso gli Ebrei, talora sino alla morte). Davide, allora, organizza, con l’aiuto dell’astutissimo Joab, un piano atto a coprire la propria paternità. Egli invita Uria a corte, lo spinge quasi a distrarsi con la moglie, tenta di annebbiargli le idee col vino: ma il soldato, dando prova di straordinaria sensibilità e rispetto per i suoi commilitoni e la causa díIsraele, decisamente rifiuta ogni privilegio e se ne torna al fronte. Ma così facendo, Uria segna la propria sorte: dietro indicazione del re, Joab lo pone in prima linea, sotto le mura di Rabbà, la capitale di Ammon assediata dagli Ebrei. Come prevedibile, il coraggioso e ignaro Uria muore. Sua moglie Betsabea lo piange per il periodo del lutto; poi, chiamata e accolta a palazzo, diventa la moglie del re e gli dà un figlio.
Il racconto del delitto, che scorre lungo l’intero undicesimo capitolo del secondo libro di Samuele, può essere articolato in cinque scenette, ciascuna recitata da due personaggi, di cui uno è sempre Davide.
- Davide e Betsabea.
- Davide e Uria.
- Davide e Joab.
- Davide e Joab.
- Davide e Betsabea.
L’AVVENTO DI NATHAN: RIPRENSIONE E CONDANNA (2Sam 12)
Ovviamente, quello che è accaduto dispiace al Signore, che invia il suo portavoce, Nathan, a Davide per disapprovare il suo comportamento e per annunciargli l’ira divina. Circa un anno è decorso dall’adulterio. Il re non si è né ravveduto, né mostra sintomi di ravvedimento. L’intervento di Nathan è perciò necessario. Il profeta dell’eccezionale promessa a Davide (2Sam 7) diventa il profeta del giudizio di Dio in procinto di abbattersi contro il peccatore. La seconda fase della storia che stiamo narrando può dividersi così:
- Dio invia Nathan presso Davide.
- Nathan racconta a Davide una parabola.
- Reazione di Davide.
- Reazione di Nathan.
- Annuncio di Nathan.
- Pentimento di Davide.
- Risposta del Signore.
DIO INVIA NATHAN PRESSO DAVIDE (v. 1).
Il misfatto non può essere più tollerato. È impossibile conoscere più a fondo i motivi che impedirono a Davide di pentirsi e a Dio di condannarlo prima. Di fatto, dopo circa un anno, giunge a corte Nathan, pronto a colpire Davide. Il profeta è consapevole della sua missione: il re è potente; inoltre, un re è pur sempre un re, specie se si tratta di uno di quei sovrani orientali su cui esiste ormai una determinata immagine (il re despota, sovrano assoluto e così via). Nathan è cosciente dei pericoli cui va incontro, ma è altrettanto cosciente della responsabilità che il Signore gli ha affidata e della piena ricompensa che riceverà nel giorno del giudizio. Altri profeti non hanno fatto sempre lo stesso (1Re 22:1ss). Dunque: bravo Nathan, che non ti sei piegato al cospetto degli uomini, che hai predicato la giustizia di Dio, che non ti sei vergognato a farlo. Magari tutti i cristiani fossero oggi tanto coraggiosi e giusti, quanto lo fosti tu, dinanzi al gran re!
NATHAN RACCONTA A DAVIDE UNA PARABOLA (vv. 14-17)
Ora Nathan è a corte, dove il fatto doveva essere perlomeno noto (eppure, chi osava parlare?). Il profeta è scaltro, sa adoperare con Davide le leve della psicologia: attraverso la presa di coscienza, riesce a coinvolgerlo in una personale autocondanna, che, appunto per ciò, è indiscutibile. La parabola raccontata da Nathan, una vera gemma del suo genere, presenta al re:
- un caso esterno al peccato suo, da giudicare in modo oggettivo. Davide non immagina di essere lui il cattivo personaggio;
- questo caso contiene tutte le informazioni sul peccato, informazioni ovviamente tipizzate e trasfigurate;
- il peccatore, che non si riconosce, emetterà contro se stesso (o meglio: contro il cattivo personaggio) un giudizio giusto, severo e inappellabile;
- infine, il colpo di scena: il vero colpevole viene additato e accusato da Dio.
REAZIONE DI DAVIDE (vv. 5-6)
La reazione di Davide è passionale: invoca la quadruplice compensazione prevista dalla legge (Es 22:1; Lc 19:8) e condanna alla pena capitale l’ingiusto. Questo è il momento tanto atteso da Nathan.
REAZIONE DI NATHAN (v. 7)
Come si suole dire, Davide è “cotto”, è ora vulnerabile, perché si è condannato da solo. Nathan gli dice allora: «Tu sei quell’uomo».
ANNUNCIO DI NATHAN (vv. 7-12)
L’annuncio di Nathan a Davide inizia elencando tutte le benedizioni di Dio verso di lui (lo ha unto re e lo ha salvato dalle mani del paranoico re Saul, suo predecessore; gli ha dato non solo il regno di Saul, ma anche il suo harem, cioè le sue donne) e l’orribile suo peccato (assassinio di Uria, adulterio con Betsabea). Immaginiamo per un attimo la scena: il re, prostrato e imbelle di fronte a Nathan; questi, veemente nella sua apostrofe, incarna la coscienza stessa di Davide, da lui perduta nell’accecamento frutto dalla trasgressione.
PENTIMENTO DI DAVIDE (v. 13)
Davide può ora capire quale abominio ha commesso, certo in preda ai desideri proibiti della carne, che fanno impazzire qualche volta la creatura umana e gli fanno commettere cose turpi, addirittura impensabili nei momenti della normalità. «Ho peccato contro il Signore»: con queste semplici parole, Davide ritorna nel seno di Dio, accetta la sua situazione misera, aspetta rassegnato la propria punizione.
RISPOSTA DEL SIGNORE (vv. 13-14)
Questa arriva puntuale, per mezzo della bocca di Nathan. Il re avrà salva la vita, ma morirà il bambino, il quale rappresenta carnalmente il frutto del peccato, che ha dato occasione ai nemici di Dio di bestemmiare il suo nome. Per di più, Nathan annuncia a Davide alcune disgrazie future: contrasti all’interno della sua famiglia (i figli Amnon, Absalom e Adonia furono tutti coinvolti in fatti luttuosi e sanguigni: cfr. il libro di Samuele); la legge del contrappasso, per Davide, sarà questa: il figlio Absalom possederà pubblicamente le donne di Davide, di contro al peccato occulto commesso con Betsabea (2Sam 16:22). Il re vedrà così sminuito il proprio prestigio di fronte all’usurpatore Absalom, giovane e vigoroso.
IL FINALE (vv. 15-31)
Nonostante tutto ciò, e come spesso nell’A.T., un barlume di speranza si profila per Davide dopo la morte del bimbo partorito da Betsabea (durante la malattia del figlio, Davide ha pregato e digiunato, umiliandosi; appena morto suo figlio, egli assume un atteggiamento strano a prima vista ma certo positivo). Infatti, Betsabea gli partorisce immediatamente un altro figlio, cui sarà posto il nome di Salomone. Come la morte del figlio rappresenta il simbolo della morte del re peccatore, così la nascita di Salomone costituirà il segno del rinnovato affetto di Dio per lui, il quale può così continuare nella speranza delle promesse messianiche (2Sam 7). Subito, Davide ottiene la vittoria contro gli Ammoniti, che vengono annientati.
CONCLUSIONE
Tutta questa storia ha il sapore dell’eccezionalità: sia i personaggi, sia i fatti stessi nella loro concatenazione, non sono certo comuni. Noi possiamo guardare a questa storia per ricavare una serie d’insegnamenti utili per la nostra vita spirituale. Basti pensare a Davide, l’amico di Dio, impazzito dietro a una donna al punto tale di commettere atrocità inimmaginabili, ma anche al punto tale di pentirsi come forse nessuno di noi sarebbe capace (il Salmo 51 è il frutto di questo pentimento); basti pensare a Uria l’Ittita, personaggio nobile in questo frangente, che suscita rispetto per la sua correttezza morale verso il re e i combattenti (probabilmente, egli non era neppure Ebreo); basti pensare a Betsabea, vittima e complice di Davide, le cui uniche tragiche parole in questo frangente furono: «Sono incinta»; basti pensare allo scaltro Joab, che conoscerà una fine triste (1Re 2:28-34); infine, basti pensare a Nathan. Quale grande personaggio, che ha saputo lottare contro la prevaricazione del potere dei suoi tempi in nome della volontà e della giustizia di Dio! Un esempio per tutti, sempre.
Arrigo Corazza