IL PAPA, L’ARCIVESCOVO DI PARIGI E IL SESSO
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15 Dicembre 202110 dicembre 2021
Mercoledì 8 dicembre 2021 dalla sede dell’International College di Torino si è tenuto su Internet (“streaming”) un convegno organizzato dai No-Vax / no Green Pass, a cura della “Commissione Dubbio e Precauzione”, presieduta dal giurista Ugo Mattei, già vicino al famoso accademico Stefano Rodotà, scomparso quattro anni fa (il cui nome i figli hanno voluto risolutamente dissociare dall’iniziativa). Patrocinatori (“sponsor”) personaggi illustri quali i filosofi Massimo Cacciari e Giorgio Agamben, lo scrittore massmediologo Carlo Freccero. Occorre dire che Massimo Cacciari non era presente (non si sa perché). Si è andati avanti per circa dieci ore: una lunga ed estenuante maratona con una sessantina d’interventi di persone anche assai meno note di quelle sopra citate.
Qui non interessa prendere posizione a favore o contro il vaccino o il Green Pass, a favore o contro convegni di questo tipo, a favore o contro le affermazioni che vi vengono fatte. Basta leggere i resoconti del Convegno apparsi sui mezzi di comunicazione per apprendere e poi giudicare. Del resto, ciascuno è libero di esprimere la propria idea nei limiti previsti della legge (ad esempio, nel 2016 l’ingiuria è stata depenalizzata ma resta un illecito civile; l’offesa all’onore o al prestigio del Presidente della Repubblica è punita con la reclusione da uno a cinque anni: dispositivo dell’articolo 278 Codice Penale).
Certo è che dallo scoppio della pandemia il concetto di “verità scientifica” è andato a farsi friggere. Sono crollate miseramente abitudini intellettuali consolidate. Siamo giunti al punto in cui ognuno dice quello che vuole, come vuole e quando vuole. A fare gran cassa di risonanza ci pensa Internet, il più ampio serbatoio di notizie e considerazioni (vere o false). Internet fu creata dai militari americani (ARPANET, 1969) per assicurare il corretto e sicuro flusso di informazioni; perciò nessuno può impedire oggi in Rete la libertà di espressione (quale quella che abbiamo noi ora). L’attività censoria non esiste più, giustamente e finalmente. Tuttavia, bisognerà capire nella lunga gittata quale tipo di cultura emergerà da Internet. Già prima del Covid-19 esistevano seri dubbi in proposito e sulla conoscenza raccogliticcia che se ne può trarre. Il problema è antico: ad Atene, i filosofi epicurei e stoici accusavano il giudeo Paolo (che non doveva proprio fare un figurone ai loro occhi e orecchie) di essere uno spermològos, cioè un ciarlatano, un chiacchierone, uno che “raccoglie semi” d’informazione qua e là e li mette insieme senza avere una preparazione specifica e globale (At 17:18). Questo pensavano di Paolo gli spocchiosi filosofi epicurei e stoici (insomma: la crema dell’intellighenzia di allora). Non era però quello che Paolo pensava di se stesso, consapevole com’era sì dei propri limiti retorici, ma anche della suprema rivelazione che gli era stata concessa dal Signore (2Cor 12:2ss). Paolo sapeva le cose di Dio perché Dio gliele rivelava; magari la sua presenza era ritenuta dimessa e la parola semplice e non forbita (2Cor 10:10). La rivelazione di Paolo era da Dio, mentre quella dei filosofi epicurei e stoici era umana e perciò necessariamente transitoria e incompleta. La storia ha dimostrato il divario tra l’incidenza di Paolo sull’umanità e quella dei filosofi.
In tal senso, da quando c’è il Covid-19 (davvero una presenza inattesa e ingombrante che ci accompagnerà forse a lungo), le cose si stanno complicando ulteriormente, soprattutto per quanto riguarda il delicato settore della scuola e via dicendo. Siamo giunti al punto in cui ciascuno dice quello che vuole, come vuole e quando vuole, su tutto e tutti, senza la benché minima volontà di verificare la giustezza di ciò che dice. Ne consegue che si è esposti a credere a tutti e a tutto – non importa quali qualificazioni o scientificità abbiano sia gli emittenti sia i concetti emessi. È una grande baraonda in cui spesso si mestano le acque ad arte.
Tornando al Convegno di cui ci stiamo occupando, molte affermazioni “forti” sono state presentate. Vediamone solo alcune:
- «il Covid era stato previsto da tempo, si tratta di una operazione a tavolino. E siccome l’industria farmaceutica era in crisi da decenni, ecco che spunta il vaccino … La pandemia è la più grande farsa della storia … [con i vaccini] si sta facendo una sperimentazione mondiale, con molti pazienti che rischiano di finire nell’Ade» (Massimo Citro, dottore e cultore di medicine alternative, che consiglia di curare il Covid con la vitamina C.);
- «le squadre fasciste di Farinacci erano meno aggressive di quelle che cercano i non vaccinati casa per casa, perché si limitavano a usare solo l’olio di ricino» (Livio Giuliani, fisico);
- pare che un insigne filosofo come Giorgio Agamben abbia paragonato l’attuale governo a Hitler o Stalin («metodi infami, estremi e distruttivi, contro i quali non ha senso limitarsi a invocare i propri diritti»).
Affermazioni “forti”, si è detto, ma certo legittime (in attesa di una loro verifica, se ci sarà mai). Ma ripetiamo a scanso di equivoci il concetto: i Non-Vax, i no Green Pass, i negazionisti hanno il diritto di dire quello che pensano, come tutti del resto. Poi se essi siano nel giusto o nell’errore, se le loro parole siano una mostruosità inaccettabile o, al contrario, la verità che si deve seguire per il benessere comune (perché questo interessa in una pandemia), a noi non interessa o importa rispondere qui in un senso o nell’altro. Del resto, la sentenza è individuale in ogni caso e nessuno può imporre ad altri la propria posizione. Poi, quello che deve o vuole fare il governo italiano in merito al Covid-19 è tutt’altro paio di maniche: siamo a livelli giudiziali diversi, assai più alti di quelli che competono al singolo cittadino, che a tempo debito ha espresso il suo pensiero nel voto politico.
Dunque, salvaguardato il diritto di ciascuno ad avere una propria idea, in piena libertà, su tutti gli aspetti della vita, nondimeno al cristiano che vuole uniformarsi unicamente al N.T. non piace affatto che in questa storia venga tirato in ballo Gesù (che nei tempi passati è stato definito il primo “socialista”, poi il primo “comunista”, il primo “hippie” e via dicendo, secondo convenienza).
Sì, perché così ha fatto nel Convegno la signora Nunzia Alessandra Schilirò, con un volo pindarico da far impallidire persino le discese ardite e le risalite di Mogol cantate da Lucio Battisti in Vorrei … non vorrei … ma se vuoi.
Ma chi è costei? È vice questore / vice questora / vice questoressa (boh?) aggiunta della Polizia di Stato, già famosa per il suo intervento a Piazza San Giovanni a Roma (25 settembre 2021) che le ha dato sì la sospensione da parte delle autorità competenti, ma anche una certa notorietà nei mezzi di comunicazione. Peraltro, la signora Schilirò è stata colpita (in “forma lieve”, ha comunicato), insieme con il marito, dal Covid (credeva all’esistenza del Covid prima di prenderlo?). Al Convegno, dopo essersi lamentata che «le televisioni non mi invitano più per paura delle mie idee», ha sferrato il colpo di grazia, la botta di mannaia o il colpo di genio (secondo i diversi punti di vista) che mancava e che ha fatto guadagnare all’iniziativa i titoli sui giornali, sempre pronti a lanciarsi sul pezzo: ««NOI IN MINORANZA COME GESÙ».
Secondo i resoconti, la signora Schilirò avrebbe pronunciato queste parole sul periodo «allarmante e preoccupante» che stiamo vivendo, paragonandolo al periodo «dell’Impero romano» (quale? Il secolare Impero romano ne ha avuti molti, spesso diversi): «Ci stiamo avvicinando a quel periodo quando la maggioranza scelse di mettere a morte Gesù e di salvare Barabba. È stato condannato a morire sulla croce perché ha avuto il coraggio di manifestare il proprio pensiero. Cioè l’accusa più grande che è stata mossa a Gesù fu quella di essersi autoproclamato re dei Giudei e quindi ancora una volta la manifestazione del proprio pensiero viene condannata a morte».
Il cristiano che segue solo il N.T., sempre interessato a promuovere le questioni del Regno di Dio e desideroso di vedere glorificato il nome di Gesù in una società che non lo rispetta affatto, si getta incuriosito sulla notizia. Legge e poi trasecola, sbigottisce, freme, s’indigna e pensa che siamo veramente alla frutta se si giunge a questa bieca strumentalizzazione.
A Roma si dice: «Quanno ce vo, ce vo!». E mo ce vo. Va bene tutto, ma quando è troppo è troppo! Servirsi di Gesù in questa questione indigna profondamente.
Care signore e cari signori (d’ogni tempo e luogo?), visto che avete capito poco o nulla del sacrificio del Signore Gesù e che avete poco o nessun rispetto per quel dono immenso e unico, lasciatelo finalmente in pace, questo Gesù, che è l’unico vero buono che sia mai esistito, che è morto per salvare tutti i peccatori ravveduti, che da quando è morto è stato sistematicamente insultato (insieme con il Padre; oh, quanto bestemmiano gli uomini!), maltrattato e spersonalizzato, soprattutto dagli studiosi e dai filosofi, ridotto a una “brava persona” che detiene il glorioso sesto posto nelle preferenze degli Italiani, magnificato solo nel bimbetto del presepe (magari in compagnia di Maradona) o nei crocifissi immobili, il Signore senza peso nella vita di moltissimi, che tutto o quasi tutto ignorano di lui. Eppure, egli è la vita nostra, come dice Paolo in Col 3:4!
Per cortesia suprema, lasciatelo in pace. E se proprio lo volete tirare in ballo, prima di sparare bordate fuori luogo dedicatevi allo studio della sua vita e opera, contestualizzando storicamente le questioni che lo riguardano. Mostrategli rispetto, finalmente.
Speriamo che questo triste periodo, in cui molti parlano, straparlano e via di questo passo, finisca presto. Allora, tutto tornerà nel dimenticatoio come prima, anzi forse peggio di prima (almeno a livello spirituale e conoscitivo della Parola di Dio). Diceva Andy Warhol, sembra nel 1968: «Nel futuro ciascuno sarà famoso per quindici minuti». Se proprio volete, godetevi questo momento di celebrità mondana e fittizia perché presto non ci sarà più trippa per i gatti. Tra poco nessuno si ricorderà dei tanti (tra dottori, virologi, biologi, fisici, scienziati, politici, studiosi, filosofi, massmediologi, vice questori …) che hanno pontificato dal marzo 2020. La celebrità del Gesù del N.T. (il Gesù vero, solido, il nostro Signore e amico) rimane in eterno perché egli è eterno (Eb 13:8: «Gesù è lo stesso, ieri, oggi e in eterno»).
Da ultimo, due interrogativi:
- forse il professore Massimo Cacciari non si è presentato perché ha avuto sentore dell’aguzzo intervento della vice questora Schilirò? Chissà! Lo speriamo. Beh, insomma, c’è un limite a tutto e quel che è inaccettabile resta inaccettabile, nonostante i voli arditi. E quello della signora Schilirò lo è stato davvero. Neppure le aquile avrebbero osato tanto.
- Non sarebbe interessante sapere quale fosse la religione dei partecipanti al Convegno? Presumibilmente cattolica, nella quasi totalità. Allora, perché essi non sono insorti a difesa di Gesù? Ma si sa che in Italia ci si indigna, circa Gesù, solo quando si tocca il crocifisso inerte, appeso lì senza potersi difendere. Povero crocifisso! Riguardo al pericolo dovuto alla presenza antibiblica del crocifisso cattolico (ma il discorso vale anche per le immagini e statue sacre), si potrebbe ricordare il comportamento di Ezechia, il buon re di Giuda (circa 700 a.C.) che tanto si adoperò per ritornare alla religiosità mosaica d’Israele perduta nel corso del tempo. Egli volle distruggere il serpente di rame o bronzo che Mosè aveva costruito e innalzato secoli prima su ordine del Signore per guarire quegli Israeliti che, morsi dai serpenti velenosi, lo avessero guardato (Nm 21:4-8). A questo serpente farà riferimento il Signore Gesù in Gv 3:14-16 per significare la sua futura crocifissione. Si noti che, a distanza di secoli, gli Ebrei avevano conservato il serpente di rame e lo avevano reso oggetto di culto idolatrico. Per questo Ezechia lo definì sprezzantemente Nehustan, “pezzo di rame o bronzo”. «Ezechia fece ciò che è giusto agli occhi del Signore, proprio come aveva fatto Davide suo padre. Soppresse gli alti luoghi, frantumò le statue, abbatté l’idolo d’Astarte, e fece a pezzi il serpente di rame che Mosè aveva fatto; perché fino a quel tempo i figli d’Israele gli avevano offerto incenso; lo chiamò Nehustan. Egli mise la sua fiducia nel Signore, Dio d’Israele; e fra tutti i re di Giuda che vennero dopo di lui o che lo precedettero, non ve ne fu nessuno simile a lui. Si tenne unito al Signore, non cessò di seguirlo, e osservò i comandamenti che il Signore aveva dati a Mosè» (2Re 18:3-6).
[ Ringrazio il fratello Roberto Tondelli, Chiesa di Cristo in Pomezia, per la segnalazione di questa preziosa analogia biblica sul Nehustan ].
Arrigo Corazza