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«”Sì, i figli di Gionadab, figlio di Recab, hanno messo in pratica l’ordine dato dal padre loro, ma questo popolo non mi ha ubbidito!”. Perciò, così parla il Signore, Dio degli eserciti, Dio d’Israele: “Ecco, io faccio venire su Giuda e su tutti gli abitanti di Gerusalemme tutto il male che ho pronunziato contro di loro, perché ho parlato loro, ed essi non hanno ascoltato; perché li ho chiamati, ed essi non hanno risposto”. Alla casa dei Recabiti Geremia disse: “Così parla il Signore degli eserciti, Dio d’Israele: “Poiché avete ubbidito all’ordine di Gionadab, vostro padre, e avete osservato tutti i suoi precetti e avete fatto tutto quello che egli vi aveva prescritto”, così parla il Signore degli eserciti, Dio d’Israele: “A Gionadab, figlio di Recab, non verranno mai a mancare discendenti che stiano davanti alla mia faccia”» (Ger 35:16-19).
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Geremia, uno dei più insigni personaggi della storia, fu un “disgraziato” che ebbe in sorte dal Signore di vivere una vita piena di sofferenze predicando non più all’antico gregge di Dio, ma a un popolo infedele e corrotto qual era divenuto l’Israele prima della distruzione di Gerusalemme del 587 a.C. In questo contesto egli ricevette uno strano ordine da Dio: tentare i Recabiti, un gruppo all’interno d’Israele tenacemente attaccato al giuramento di un loro antenato (attenersi con fermezza alla vita nomade e all’astensione dal vino). Il Signore inviò Geremia dai Recabiti con l’intento di spingerli a violare il loro solenne impegno, ma invano. Quest’atteggiamento di fedeltà ai precetti di un uomo fu usato dal profeta per condannare l’infedeltà d’Israele verso i precetti di Dio.
Chi ama Dio deve fare molta attenzione a non essere infedele come lo fu Israele. Troppe sirene circondano oggi il cristiano, che spesso manifesta poca sensibilità nei confronti della Parola di Dio e molto interesse, invece, per quella degli uomini.
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GEREMIA INVIATO AI RECABITI
La Parola di Dio è in grado d’impartirci alcune lezioni nei modi e nei momenti più sorprendenti e impensati. Si ricordi in proposito come i profeti dell’A.T. abbiano spesso agito con curiosi atti simbolici per mostrare agli Ebrei peccatori il volere del Signore. Nei giorni del tristo Ioiakim (609 – 598 a.C.), Dio chiede a Geremia di provare la fedeltà dei Recabiti offrendo loro vino da bere (cfr. Ger 35). Il profeta si reca nel Tempio e adempie il comando divino. Ma i Recabiti si rifiutano di bere, spiegando di rispettare in tal modo la parola di un loro antenato, un certo Ionadab figlio di Recab: «ci comandò dicendo: “non berrete vino, voi e i vostri figli in eterno”» (v. 7). Inoltre, al gruppo è stata imposta anche la vita nomadica, consuetudine rotta solo dall’avvento delle truppe babilonesi nella Giudea (v. 11).
I RECABITI
Chi sono dunque costoro e perché Dio li usa per insegnare una lezione al suo popolo?
- I Recabiti non erano propriamente Ebrei, in quanto discendenti da tale Recab, seminomade kenita-madianita (1Cr 2:55; cfr. 1Sam 15:6; Gdc 1:16).
- Essi costituiscono l’esempio vivente di una tradizione e di un’ubbidienza secolare alla parola di un mero legislatore umano.
Dio allora conclude con le parole di Ger 35:16-18, su riportate. Il Signore intende quindi dare all’atteggiamento dei Recabiti il valore di un’azione simbolica per l’infedele Israele. Già altrove (Ger 2:10-14) il profeta aveva gridato lo sdegno divino dinnanzi alla fedeltà dei pagani (i Kittim e gli arabi Kedar) per le loro divinità-ombre, di contro all’evidente apostasia del popolo eletto, che ha abbandonato il Signore vivente, attivo come una fonte d’acqua viva, per ricercarsi cisterne screpolate che non trattengono l’acqua (Ger 2:14).
LA LEZIONE PER NOI
Anche noi dobbiamo ragionare sulle cose che Dio insegna tramite Geremia, e chiederci di conseguenza: quanto volte abbiamo seguito (certo, sbagliando) gli uomini (sbagliati) e non il Signore? Quante volte la nostra fedeltà verso gli uomini si è rivelata vera infedeltà nei confronti di Gesù e della Bibbia? Dimentichiamo forse quanti guai abbia causato (e causi tuttora) quest’atteggiamento nelle Chiese di Cristo in tutto il mondo?
C’è di più: talvolta quelli fuori della Chiesa si rivelano più fedeli di noi. Infatti, è difficile che un cattolico “offra” i propri figli al battesimo del N.T. I cristiani, viceversa, fanno battezzare talora i propri neonati nella Chiesa Cattolica. È raro vedere un cattolico frequentare i nostri culti solo per compiacere il coniuge membro della Chiesa di Cristo.
Ogniqualvolta ci troviamo sottoposti a siffatte e difficili tentazioni, dovremmo subito sia rammentare le parole del profeta Geremia sulla fedeltà dei Recabiti e dei popoli pagani (e avere così uno scatto d’orgoglio), sia farci forza, ricordando che cedere al mondo significa rifiutare la vita eterna, significa allontanarsi per sempre dalla fonte purissima della vita: Dio.
Come egli benedisse i Recabiti per la fedeltà al loro antenato, così benedirà oggi il credente che in lui, e precisamente, per lui lotterà, sacrificando tutto se serve. Occorre ricordare le parole di Pietro: «bisogna ubbidire a Dio anziché agli uomini» (At 5.29). Anche noi, se necessario, vogliamo rallegrarci di «essere stati degni di essere oltraggiati per il nome di Gesù» (At 5:41). Lottiamo per rimanere fedeli al lui nella verità. Se egli è con noi, chi potrà mai vincerci? (Rm 8:31-38).
Arrigo Corazza