UN CRISTIANESIMO POLIFONICO (LEZIONE 2), UNI.DE.A. PISA
17 Gennaio 2023LO SPIRITO SANTO, UN SOLO BATTESIMO E IL CALVINISMO
1 Febbraio 202324 gennaio 2023
PREMESSA
La vita della chiesa di Cristo è sempre regolata dalla Parola di Dio, dalla dottrina di Cristo (2Gv 1:9), dalla sua legge (1Cor 9:21). I cristiani devono esaminare le Scritture (Atti 17:11) per eseguire il volere di Cristo («qualunque cosa facciate, in parole o in opere, fate ogni cosa nel nome del Signore Gesù ringraziando Dio Padre per mezzo di lui», Col 3:17). Se poi oggi nelle chiese di Cristo si vuole mischiare la Bibbia al pensiero umano, allora è tutt’altra questione. Quale chiesa ne verrebbe fuori? Una chiesa che non è né carne né pesce e che rischia di essere rimossa dal Signore (vedi Ap 2 e 3).
Adeguarsi alla Parola del Signore è una mossa intelligente, non una sciocchezza o limitazione di altri tempi, come taluni (anche tra i cristiani) – infatuati dalle chiacchiere di questa generazione – potrebbero pensare. Occorre diffidare di chi sia arrogante e ribelle verso Dio e la sua volontà. L’uomo sa solo combinare guai quando vuole fare di testa propria invece di limitarsi a seguire Dio. Disgraziatamente, la storia delle chiese ne è un chiarissimo esempio.
Dunque, anche quando si parla di finanze nella chiesa, bisogna essere sicuri di avere il consenso di Dio e il senso delle sue cose (Mt 16:23); altrimenti, è bene non fare ciò che egli non ha previsto e comandato.
I LUOGHI DI RIUNIONE PRIMA E DOPO COSTANTINO (312 d.C.)
Nominato religione di Stato (380) per volere imperiale, il “cristianesimo” diventa tutt’uno con la res publica romana. Nel corso del tempo, tuttavia, sarà costretto a pagare duramente le conseguenze di tale matrimonio (evidenti infiltrazioni pagane nella dottrina e nella vita delle chiese). Praticamente, da Costantino in poi, e semplificando al massimo, si può dire senza tema di smentita che le chiese non saranno mai più le stesse rispetto a quelle descritte nel N.T. È possibile, nondimeno, essere chiesa di Cristo anche oggi seguendo unicamente il N.T., ripulendo nel contempo la nostra mente e i nostri comportamenti da secolari incrostazioni dottrinali create dagli uomini.
Quanto ai luoghi di riunione, fino a Costantino i cristiani erano soliti radunarsi in case private; è la chiesa domestica (domus ecclesiae o anche titulus, dal nome di chi metteva a disposizione lo spazio). Queste case erano però aperte a eventuali visitatori (cfr. 1Cor 14:23). Nel N.T. ricorrono numerosi casi di cosiddette “chiese domestiche” (Rm 16:5,23; 1Cor 16:19; Col 4:15; Filemone 1:2).
Solo dopo l’avvento di Costantino (dal 28 ottobre 312: battaglia di Ponte Milvio contro Massenzio), il “cristianesimo” cominciò gradatamente ad appropriarsi lo spazio e il tempo. Per magnificare la grandezza dell’antica religione perseguitata saltuariamente in passato ma ora favorita, pare che fin dal 313 il dominus Costantino ordinasse la costruzione di “basiliche” (dal greco basilèus, “re”) a Roma, Gerusalemme e altrove (la basilica era già conosciuta presso i Romani quale centro di affari e di amministrazione della giustizia). In queste città, prima di Costantino, nessuno avrebbe potuto individuare esternamente i luoghi di riunione dei cristiani, perché privati.
LE FINANZE DELLA CHIESA
Stando ai dati neotestamentari, esse dipendono unicamente dalla colletta domenicale (1Cor 16:1ss). Pertanto, la chiesa non può chiedere fondi allo Stato o ad altra istituzione (con entrambi è meglio non avere nulla a che spartire, pena inevitabili dipendenze). Invece, eventuali finanziamenti / aiuti / fondi da parte di privati possono essere accettati a condizione che transitino nel tesoro della comunità unicamente attraverso la colletta, rispettando quindi 1Cor 16:1ss. Una volta nella colletta sarà poi la chiesa a farne l’uso biblico, senza alcun condizionamento dal di fuori. È vitale capire che nessuna realtà umana esterna al corpo di Cristo deve potersi intromettere nella vita dottrinale della chiesa, giacché questa vita corre lungo un binario unico e parallelo rispetto a tutti gli altri, con i quali non s’incontra mai.
LA DOMANDA
Alla domanda: «è necessario avere oggi in Italia una sala di riunione per essere “chiesa”?», occorre rispondere biblicamente: no, per i motivi visti sopra (i primi cristiani si riunivano nelle case e noi potenzialmente possiamo fare altrettanto).
Se pensiamo invece al punto di vista pratico, allora bisogna ammettere la difficoltà esistente oggi in Italia di riuscire ad aggregare diverse persone in una residenza privata per scopi cultuali e didattici. Inoltre, riunendosi in una casa non ci sarebbe quella visibilità esterna così importante per la chiesa al fine di avviare nuovi contatti. V’è di più: a meno che non si parli di contesti ben più ristretti (quali i piccoli paesi dove le persone e le famiglie si conoscono per quelle che sono), nelle grandi città – di questi tempi – chi si fida a socializzare per scopi religiosi in una casa di sconosciuti? Insomma: si può fare biblicamente ma tutto risulterebbe assai complicato per altri aspetti. Ad ogni modo, la focalizzazione della chiesa non deve essere mai sulle questioni materiali, ma piuttosto sugli obiettivi spirituali, che devono essere sempre presenti. La sala di riunione è assai importante per una comunità, ma non è l’obiettivo primario.
Allora, come fa un gruppo di cristiani (la chiesa) a riunirsi in un luogo pubblico, del tutto indipendente da case di privati? Deve comprare o affittare un locale / fondo / sala. Ci sarebbe anche una terza possibilità: chiedere all’autorità del posto di poter fruire (gratuitamente o a un costo molto contenuto) di uno spazio per motivi cultuali. In questo caso nascerebbero però varie difficoltà: spesso tali spazi non sono a disposizione; se a disposizione, sono vincolati a precise limitazioni di attività e orari; da ultimo, non è affatto detto che l’autorità sia così disponibile a dare la concessione (per motivi ideologici, assicurativi e via di questo passo).
Dunque, due sono le soluzioni rimanenti: l’acquisto o l’affitto di una sala di riunione. Esaminiamole brevemente.
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FOCUS SU ATTI 19:8-10
«Poi [Paolo] entrò nella sinagoga [di Efeso], e qui parlò con molta franchezza per tre mesi, esponendo con discorsi persuasivi le cose relative al regno di Dio. Ma siccome alcuni si ostinavano e rifiutavano di credere dicendo male della nuova Via davanti alla folla, egli, ritiratosi da loro, separò i discepoli e insegnava ogni giorno nella scuola di Tiranno. Questo durò due anni. Così tutti coloro che abitavano nell’Asia, Giudei e Greci, udirono la Parola del Signore» (Atti 19:8-10).
A Efeso, dopo aver separato i discepoli dall’ambito sinagogale, Paolo evangelizza per due anni facendo uso dei locali della scuola (σχολή scholè, “aula scolastica”, “sala conferenze”) di un certo Tiranno (non sappiamo chi questi sia: un insegnante di filosofia o di retorica o semplicemente il proprietario della scuola). Quella paolina pare un’iniziativa personale distinta totalmente dalla vita cultuale della chiesa. Infatti, per due anni Paolo vi parla / conversa / discute argomentando (così il greco dialègomai) con i discepoli e altre persone. Neppure sappiamo a che titolo Paolo occupi (comodato d’uso, affitto) la scholè di Tiranno. Quel che è certo è che l’apostolo, al fine di godere della massima libertà nell’evangelizzazione, sceglie una sala culturale (“neutra”, si potrebbe dire) evitando accuratamente l’uso di luoghi afferenti alla sinagoga o ad associazioni cultuali pagane.
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L’ACQUISTO
[Qui non interessa parlare di un proprietario che, gratuitamente o a un prezzo simbolico minimo, può mettere a totale disposizione della comunità un suo immobile]. Biblicamente parlando, niente vieta che la chiesa possa acquistare una sala di riunione per gli scopi previsti dalla Parola di Dio (ovviamente, la chiesa non compra immobili per investire e speculare). Sorgono però due problemi di fondo: uno giuridico e l’altro d’indole spirituale.
Problema giuridico.
Chi s’intesta la proprietà? Tutti i membri di chiesa, un solo membro a nome di tutti, un gruppo di fratelli e sorelle? E quale la posizione rispetto alle dichiarazioni fiscali o, in caso di morte di uno o più proprietari, a eventuali eredità a favore di congiunti non cristiani?
Problema spirituale.
I cristiani sanno benissimo, dal N.T. e dall’esperienza, che nel tempo la vita della chiesa non è mai la stessa, è ondivaga, estremamente mutevole, in quanto soggetta a probabili tempeste scatenate da cambiamenti e lotte interne. Se vi fosse una divisione, allora che cosa farebbero i proprietari? Come spartire la proprietà, visto che taluni potrebbero avanzare pretese in tal senso, avendo messo il proprio contributo nella colletta? (si sa di membri che hanno lasciato la chiesa pretendendo di avere indietro la colletta messa nel corso degli anni. Richiesta folle, mai esaudita per ovvie ragioni. Una volta versato nella colletta della chiesa, il mio contributo libero e spontaneo appartiene al Signore e non più a me. E chi può strapparlo dalle sue mani? Chi osa pensare di riceverlo indietro? Nelle chiese se ne sentono di cotte e di crude e se vedono di tutti i colori! Non c’è limite all’insensatezza umana).
L’AFFITTO
È facoltà della chiesa affittare una sala di riunione confacente ai propri scopi e mezzi economici. Se non è possibile pagare una sala di riunione, allora la chiesa torna a riunirsi in abitazioni private. Non ci sono altre soluzioni.
CONCLUSIONI
Le chiese descritte nel N.T. non si aiutavano finanziariamente, se non nei casi di estremo bisogno dovuti a situazioni eccezionali (carestie, povertà assoluta dei cristiani e via dicendo: At 11:29; 2Cor 8 e 9; 1Cor 16:1ss; Rm 15:25-27). I cristiani sono tenuti a rispettare questa traccia presente nel N.T. Se poi si vogliono introdurre nuove idee e motivazioni, allora è davvero un altro paio di maniche. Ma, è bene ricordarlo, siamo fuori della Sacra Scrittura. Con quale autorità?
Essendo questo l’insegnamento neotestamentario, non dovrebbe neppure passare nell’anticamera del cervello l’idea di chiedere aiuti economici ad altre chiese per affittare o comprare una sala di riunione. Non solo non è scritturale, come abbiamo appena visto, ma è anche un’idea illogica e sconveniente perché vorrebbe dire che altre chiese in Italia (verosimilmente nelle medesime condizioni dei richiedenti), una volta pagato l’affitto e le spese di gestione, dovrebbero impiegare una parte del rimanente o tutto il rimanente per sostenere la spesa di un affitto / acquisto altrove perché si dia testimonianza al Signore. No. La chiesa, dopo aver pagato l’affitto e le spese di gestione, impiegherà in loco ciò che rimane della colletta per gli scopi stabiliti dal Signore: predicazione, edificazione e cura dei fratelli in assoluto bisogno.
Nella chiesa non bisogna agire alla carlona, ma secondo Scrittura. Il Signore è più saggio dell’uomo e conosce ciò che è ottimo per i cristiani. Perché dobbiamo sempre fare di testa nostra, con una leggerezza e superficialità che talora sconfinano nella mancanza di rispetto verso Gesù e altri fratelli? Chi ci dà il permesso di fare ciò che Dio non ha mai comandato nella sua Parola tramite lo Spirito Santo (e qui parliamo delle cose bibliche essenziali, fondanti, non certo se fare il culto alle 10 o alle 11 o alle 16 … almeno quello possiamo deciderlo noi senza indagare la Sacra Scrittura … )?
Arrigo Corazza