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CHE COSA DIRE CIRCA IL PARLARE IN LINGUE OGGI? (formato PDF disponibile)

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Il potere miracoloso dello Spirito Santo permise ai primi cristiani di compiere grandi opere potenti. Non va dimenticato che il Nuovo Testamento non era ancora stato del tutto rivelato in forma scritta quale l’abbiamo noi oggi. Per questo motivo i discepoli avevano bisogno di miracoli di rivelazione che avallassero la loro predicazione del Vangelo, oltre che miracoli di conferma (segni) che convincessero gli ascoltatori ch’essi facevano da portavoce di Dio. Uno dei doni più insoliti era la facoltà di parlare in lingue. Se i discepoli potessero parlare oggi in lingue nello stesso modo in cui lo facevano quelli del primo secolo, allora sarebbe tuttora un grande prodigio, perché senza l’intervento diretto dello Spirito Santo sarebbe impossibile parlare in lingue.

 

CHE COS’ERA IL PARLARE IN LINGUE?

 

LE LINGUE ERANO LINGUAGGI COMUNI

  • In Atti 2:4 viene narrato come gli apostoli presero a parlare “in altre lingue”. Giudei provenienti da ogni parte del mondo erano convenuti a Gerusalemme (Atti 2:9-11). Essi sentivano gli Apostoli parlare ciascuno «nel suo proprio linguaggio» (Atti 2:5-6). Dicevano: «Com’è che li udiamo parlare ciascuno nel nostro proprio natio linguaggio?» (Atti 2:8); «li udiamo parlare delle grandi cose di Dio nelle nostre lingue» (Atti 2:11).
  • Gli apostoli non emettevano né suoni inarticolati né parlavano in lingua che non potesse essere compresa. Oggi, invece, il “parlare in lingue” è confuso con i suoni inarticolati, ma non era questo che facevano gli apostoli.
  • Parlare in lingue era il miracolo di comunicare in una lingua mai prima studiata da colui che parla, cioè “in lingua straniera”, e non “in lingua strana”. Infatti, gli apostoli erano compresi da molti stranieri (cfr. Atti 2:8).

 

LE LINGUE ERANO DI SEGNO PER I NON CREDENTI (1CORINZI 14:22)

Il dono delle lingue era mirato a convincere i cuori degli increduli. Nessun passo biblico si potrebbe adattare a quello che si sostiene oggi, e cioè che le lingue stanno a indicare che uno è salvato, o che è il segno di un’esperienza estatica personale per dimostrare l’intimità del credente con Dio.

Il libro degli Atti riferisce solo tre esempi di “parlare in lingue“ ed ogni volta a scopo d’insegnamento.

  • Atti 2:4,11 – Gli Apostoli predicarono agli stranieri presenti a Gerusalemme.
  • Atti 10:44-48 – Pietro e i fratelli di Giudea si convinsero che i Gentili dovessero essere accolti nella Chiesa per fede (cfr. Atti 15:7-9).
  • Atti 19:1-7 – Dopo che Paolo ebbe imposte le mani sui dodici ribattezzati, costoro presero a parlare in lingue e a profetizzare.

Gli altri casi riferiti dal Nuovo Testamento si trovano in 1Corinzi capitoli da 12 a 14.

 

IL DONO DI PROFEZIA ERA PIÙ DESIDERABILE DEL DONO DELLE LINGUE

 

  • «Chi profetizza è superiore a chi parla in altre lingue» (1Corinzi 14:5). Il contesto di 1Corinzi 14 insegna che se non ci sono interpreti, le “lingue” non hanno alcun senso perché verrebbe a cadere lo scopo dell’insegnamento.
  • 1Corinzi 14:2 – Se uno parla in lingue senza interprete, “parla a Dio”, perché solo Dio sa quello che si sta dicendo. Il giudizio non è quindi positivo, in questo caso.
  • 1Corinzi 14:9 – Senza interprete, sarebbe parlare “in aria”.
  • 1Corinzi 14:7-8 – Anche gli strumenti musicali, se non emettono un suono intelligibile e distinto, creano solo confusione o chiasso.
  • 1Corinzi 14:10-11 – Uno che non intende il significato di quello che si sta dicendo perché non c’è chi interpreti, farà la figura di un barbaro ignorante.
  • Paolo in modo esplicito sentenziò che preferiva dir cinque parole in modo intelligibile che diecimila in altra lingua (1Corinzi 14:16-19).
  • Le lingue erano un segno importante per un incredulo, ma se usate impropriamente erano controproducenti. Per questo motivo l’apostolo esortava a preferire il dono di profezia (1Corinzi 14:22-25).

 

LE LINGUE POTEVANO E DOVEVANO ESSERE CONTROLLATE (1CORINZI 14:26-40)

 

  • Ogni cosa deve esser fatta per l’edificazione (vv. 26,40).
  • Solo due, o tre al più, potevano parlare in assemblea (v. 27).
  • Senza un interprete, si doveva tacere (v. 28).
  • Le donne dovevano tacere (v. 34).

 

IL DONO DELLE LINGUE ERA SOLO UNO DEI MOLTI DONI DELLO SPIRITO

 

I DONI MIRACOLOSI SERVIVANO PER RIVELARE E CONFERMARE LA PAROLA DI DIO

  • Nove doni vengono elencati in 1Corinzi 12:8-10.
  • Nel contesto Paolo esorta i Corinzi a non preoccuparsi troppo su quale dono fosse il più importante. Alcuni pensavano che il più importante fosse proprio il dono delle lingue, ma l’apostolo spiegò che tutti i doni miracolosi provenivano da un unico Spirito ma che l’unità doveva comunque avere la preminenza (1Corinzi 12:12-20).
  • I miracoli servivano per rivelare (1Corinzi 2:13; Efesini 3:3-5) e per confermare la Parola (Marco 16:20; Ebrei 2:3-4).

 

I DONI MIRACOLOSI ERANO IMPARTITI MEDIANTE L’IMPOSIZIONE DELLE MANI DEGLI APOSTOLI

 

  • Pietro e Giovanni furono inviati da Gerusalemme a impartire lo Spirito ai Samaritani (Atti 8:14-17). Se Filippo, che non era un apostolo, avesse potuto farlo lui, allora non ci sarebbe stato bisogno di ricorrere ai due apostoli. Inoltre, il peccato di Simone consisteva nel fatto che avrebbe voluto impartire lui il dono ad altri mediante l’imposizione delle proprie mani (Atti 8:18-21).
  • Altri esempi illustrano che solo gli Apostoli potevano impartire i doni spirituali (Atti 6:6-8; 19:5-6). Quest’operazione non fu mai chiamata “battesimo”. Il battesimo di Spirito Santo veniva direttamente dal cielo e non richiedeva l’intervento di alcuna persona. Sebbene nel battesimo di Spirito Santo si manifestava il miracolo delle lingue, esso era di norma un dono che si trasmetteva mediante imposizione delle mani degli Apostoli.

 

I DONI MIRACOLOSI ERANO DESTINATI A CESSARE (1CORINZI 13:8-10)

 

  • Alla morte dell’ultimo apostolo il Nuovo Testamento era stato completato, scritto e confermato. Alla morte dell’ultimo cristiano che aveva ricevuto l’imposizione delle mani, lo scopo dei miracoli venne perciò ad esaurirsi e i miracoli ebbero dunque a cessare, dal momento che non s’avvertiva più la loro necessità confirmatoria.
  • La “perfezione” si contrapponeva a «quello ch’è solo in parte».
  • Con il completamento della rivelazione, ormai attestata e confermata, sarebbero venute a cessare le rivelazioni e le conferme parziali («Le profezie … verranno abolite; … le lingue… cesseranno …; la conoscenza verrà abolita»; 1Corinzi 13:8).
  • Il vocabolo “perfezione” non va riferito a Cristo nel contesto di 1Corinzi 13:10. Vediamo perché.
  • Per norma di grammatica. In greco le locuzioni dicono: “Ciò che è perfetto”, “ciò che è solo in parte”, perciò non è corretto riferirle a persone, ma piuttosto a concetti.
  • Per valori di contrapposizione. “Ciò che è solo in parte” va a contrapporsi a “ciò che è perfetto”. Il parziale sarebbe stato rimosso. La rivelazione di Cristo è completa, perfetta, e nessuna parte di essa sarà tolta via (1Giovanni 1:1-4). I miracoli fanno parte del parziale e non del completo.
  • Per esaltazione di ciò che rimane. Anche dopo che la perfezione sarà venuta, alcune cose rimarranno, non parziali o transitorie. «Or dunque queste tre cose durano: fede, speranza e carità». Infatti, se la “perfezione” fosse riferibile a Cristo, la fede non potrebbe restare, venendo a mancare la “conoscenza“ e anche perché la fede stessa è «dimostrazione di cose che non si vedono» (Ebrei 11:1). Anche la speranza non potrebbe restare, perché «la speranza di cose che si vedono non è speranza»(Romani 8:24). La “perfezione” va pertanto riferita alla rivelazione completa.
  • Per rispetto del contesto. L’intera trattazione dei capitoli 12, 13 e 14 di 1Corinzi si riferisce ai doni dello Spirito e com’essi dovevano adoperarsi per insegnare al non credente e per edificare il credente. Quindi non riguardava Cristo né la sua venuta, bensì la perfetta e completa rivelazione in contrapposizione con le rivelazioni parziali e transitorie.

«Quando la perfezione [la completa rivelazione] sarà venuta, quello che è solo in parte [i doni miracolosi] sarà abolito» (1Corinzi 13:10).

 

COME SI PUÒ SPIEGARE QUELLO CHE ACCADE OGGI?

 

REAZIONE EMOTIVA

  • Sono stati fatti studi accurati su varie religioni, sia antiche sia moderne, e si è potuto apprendere che il parlare disarticolato si ritrova quasi ovunque, tra gli Indù e tra i Musulmani, e perfino fra quelli che negano Cristo quale Figlio di Dio. Questo è uno degli argomenti più incisivi.
  • Molti, in preda all’emotività e al desiderio di qualche segno di spiritualità, si lasciano andare a discorsi farneticanti o a ripetizioni sillabiche convenzionali evidentemente apprese da altri, ma non parlano lingue straniere comprensibili, come invece accadeva al tempo del Nuovo Testamento.

 

ESPERIENZA RICETTIVA

 

  • Se uno ascolta altri per molto tempo, non gli sarà difficile ripetere le espressioni ed aggiungerne di nuove.
  • Talune persone vengono di fatto addestrate a parlare in modo sconnesso e a ripetere monosillabi o esclamazioni facili a ricordare e a ripetere. Tale pratica era del tutto sconosciuta ai primi cristiani.

 

DOMANDE A CHI SOSTIENE DI PARLARE IN LINGUE

 

  • Parli una lingua conosciuta? (Atti 2:6, 8, 11).
  • Non preferisci il dono di profezia? (1Corinzi 14:5).
  • Le lingue sono un segno per te, oppure un insegnamento per i non credenti? (1Corinzi 14:22).
  • A parlare in lingue nell’assemblea sono più di due o tre? (1Corinzi 14:27).
  • Parlate in lingue solo quando c’è chi interpreta? (1Corinzi 14:28).
  • Le donne tacciono in assemblea? (1 Corinzi 14:34).
  • L’assemblea avviene con decoro e ordine? (1Corinzi 14:40).

 

CONCLUSIONI

 

  • Abbiamo appreso dal Nuovo Testamento che il dono delle lingue deve esprimersi nella comprensibilità e secondo la capacità comunicativa di chi interpreta.
  • Il dono delle lingue si trasmetteva mediante il battesimo dello Spirito Santo e mediante l’imposizione delle mani da parte degli Apostoli e quindi era finalizzato all’insegnamento del messaggio divino e alla convalida del messaggio stesso.
  • Il dono delle lingue come è espresso oggi è un fenomeno comune ad altre religioni perfino a persone che non credono in Gesù come Figlio di Dio.
  • La pratica diffusa di parlare in lingue, come si fa oggi, non trova alcun riscontro nel Nuovo Testamento; infatti, la maggior parte di quelli che la praticano violano in modo lampante i precetti relativi al suo uso.

 

Robert Harkrider  (1986)

(traduzione di Alessandro Corazza)

 

* * *

 

Quanto riportato sopra è un estratto (lezione 4, pp. 11-14) del libro Lo Spirito Santo, un solo battesimo e il calvinismo (l’estratto in PDF si può scaricare qui sotto).

Lo-Spirito-santo-un-solo-battesimo-e-il-calvinismo (lezione 4)

 

Il libro Lo Spirito Santo, un solo battesimo e il calvinismo è a cura dell’americano Robert Harkrider (1939) nella traduzione di Alessandro Corazza (Frascati, 1926 – 2017). Si tratta di 13 schematiche lezioni pubblicate nel 1986 e suddivise per argomenti nel modo seguente:

  • Lezioni 1 – 5: lo Spirito Santo.
  • Lezioni 6 – 8: il battesimo.
  • Lezioni 9 – 13: il calvinismo.

 

Scaricare qui sotto tutte le lezioni in formato PDF.

Lo Spirito santo, un solo battesimo e il calvinismo