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IL GIOVIN ARRIGO E IL PURGATORIO

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«Noi tutti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, affinché ciascuno riceva la retribuzione di ciò che ha fatto quando era nel corpo, sia in bene sia in male» (2Corinzi 5:10).

 

* * *

 

 

Nei pressi di Roma, in una rinomata città dei Castelli, sede di splendide ville dei principi della Chiesa Cattolica, viveva una coppia molto ricca, con cinque figli (tutti maschi). Uno di questi, intorno alla metà degli anni Venti del Novecento, morì improvvisamente dopo una partita di calcio. Era un ragazzo di sedici anni, bellissimo e molto alto (190 centimetri). Si chiamava Arrigo.

Devastata dall’immane tragedia, la madre, finché visse (per altri cinquant’anni), andò a messa molto presto ogni mattina per ricordarlo con una funzione in suo favore. Non solo: per perpetuarne il ricordo nella famiglia, insistentemente chiedeva alle quattro nuore di dare il nome di Arrigo ai propri, eventuali, figli. Spaventate dall’idea, ben tre nuore gentilmente rifiutarono. Non la quarta, la più giovane e sprovveduta, che purtroppo abboccò l’amo. E ci fu un altro Arrigo. Il quale non trasse alcun beneficio dall’essere l’eletto. Dunque, tanto strepito per nulla, se non il fastidio di sentire ogni volta il proprio nome storpiato (Enrico, Erico, Rigo, Rico, Arigo e via dicendo) e il mancato piacere di incontrare fisicamente – anche se per una sola volta – un altro essere umano che lo portasse. E pensare che si sarebbe dovuto chiamare Paolo! Dalle stelle alle stalle (con tutto il rispetto per il giovin Arrigo) …

Morto il primo Arrigo, fu deciso che il figlio più piccolo dei quattro rimasti (il futuro padre del secondo Arrigo) diventasse prete (allora non si dava vera “ricchezza” senza un prete in famiglia). All’età di dieci anni, nel 1936, anno dell’annuncio del ritorno dell’Impero sui colli fatali di Roma, egli fu avviato in seminario, che era contiguo alla loro abitazione. Perciò, scorrazzando ancora nei negozi di famiglia, vedeva ogni giorno un sacerdote ritirarsi in disparte con la madre e ricevere ingenti somme di denaro. Alla legittima domanda del piccolo, la madre rispondeva malvolentieri che era un’offerta a favore di Arrigo nell’aldilà: difatti, le era stato detto che il ragazzo era COME a bordo di un treno in procinto di attraversare un tunnel infuocato. Pagando, il treno sarebbe andato velocissimo e il giovin Arrigo sarebbe praticamente rimasto indenne. Il figlio più piccolo, già molto rapido di cervello, le chiedeva che cosa avesse fatto mai di così grave un ragazzo di sedici anni da meritare il supplizio del tunnel infuocato, concludendo: «Mamma, mi sa che se continui a pagare il treno andrà sempre più a rilento …». Per inciso, non si ha notizia della reazione del padre del primo Arrigo, sempre silente in tutta la questione.

Tramite sua madre, il neo seminarista era entrato in contatto, senza saperlo, con un’immagine piuttosto popolare del purgatorio e delle indulgenze, due realtà tuttora esistenti nel cattolicesimo (quantunque se ne parli assai raramente). Ci avviciniamo al 2025, l’anno del Giubileo, nel quale le indulgenze conteranno, eccome!

Da ultimo, bisogna sapere che, alla morte della madre (giorno particolarmente luttuoso per i preti della bella città dei Castelli Romani), nessuno ha mai più fatto dire una messa in suffragio per il giovin Arrigo, nessuno ha tirato più fuori un soldo per lui.

A distanza di così tanti anni, sorgono spontanee alcune domande rivolte a qualche esponente della Chiesa Cattolica – Chiesa che ricevette quelle offerte pretendendo di conoscere un’esperienza ultraterrena altrui (COME SU UN TRENO) e, nello stesso tempo, sfruttando indegnamente l’ignoranza di una ricchissima madre disperata. Per cortesia, è possibile sapere dove Arrigo si trovi ORA nel lungo e tormentato tragitto verso il giudizio universale, se soffra, se sia fermo o si muova (poco o tanto), quanto gli manca al traguardo e via dicendo? Grazie.

In attesa di risposta (magari qualcuno, compulsando i suoi registri, la troverà …), bisogna chiedersi: ma tutto quel fiume di denaro offerto per Arrigo alla Chiesa cattolica gli avrà almeno giovato a qualcosa, a mo’ di piccola pensione, magari a spingersi cinquecento metri in avanti? Resta un fatto: il bel Arrigo è stato abbandonato da quasi tutti; non si ha più memoria di lui, se non attraverso qualche sbiadita fotografia. E se oggi lo riportiamo brevemente in vita è per dimostrare l’insensatezza e pericolosità umana nella gestione delle cose di Dio. Ma per certo Dio, il giusto giudice in Cristo Gesù, lo ha a cuore e lo giudicherà con giustizia, come farà con tutti noi e con tutti coloro che hanno perpetrato la miseria spirituale ed economica che lo ebbe a protagonista.

Qui da noi siamo abituati quasi sempre alla “carlona”, ma in religione è ora di finirla; è ora di camminare piuttosto con la Parola di Dio. Si rendono conto gli uomini e donne di “chiesa” (di qualunque “chiesa”) del male che possono causare? Occorre assumersi le proprie responsabilità, senza scaricarle sugli altri.

Dovrà rispondere a Dio chi ha giudicato un ragazzo degno di passare nell’aldilà attraverso un tunnel infuocato, e parliamo di un sedicenne di oltre cent’anni fa senza radio, senza televisione, senza i “social” (in quel contesto preciso di vita “paesana”: immaginiamo quali potessero essere le condizioni prendendo a paragone i pari età di oggi).

Dovrà rispondere a Dio chi si è approfittato del dolore di una madre affranta, particolarmente sensibile e ignorante (in un torno di tempo nel quale la Parola di Dio era praticamente sconosciuta ed esisteva soltanto l’asservimento alla Chiesa Cattolica).

È necessario ricordare che il dover rispondere a Dio del proprio comportamento vale – sempre e comunque – per ciascun credente di ogni “chiesa” (quale che sia). Nel rapporto con il Signore occorre prestare la massima attenzione a ciò che si ascolta, si predica e si pratica.

Questo squarcio di vita familiare ci ha fatto capire che, arrogarsi il diritto di manipolare le cose ultraterrene spettanti soltanto all’insindacabile potere del Signore, è un atto gravissimo e provocatorio, di cui si risponderà, come detto, nel giorno del giudizio finale. Chi può ancora credere a una cosa del genere, visto che la Bibbia non ne parla mai e che gli uomini sono quelli che sono (infidi, inaffidabili, fallaci, manipolatori, bugiardi, arroganti, impietosi, violenti e chi più ne ha ne metta)?

Aspettiamo il Giubileo per vedere che cosa accadrà con le indulgenze, se la grande massa cattolica ci crede ancora oppure no, se in merito le cose, fatte le debite distinzioni (mutatis mutandis), siano rimaste quelle descritte sopra, le cose di cent’anni fa, che sono anche le cose di cinquecento anni fa …

Speriamo bene, anche se per esperienza temiamo di sapere già come andrà a finire.

 

Arrigo Corazza