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SECOLARIZZAZIONE O SCRISTIANIZZAZIONE? IL GIUBILEO SENZA SPERANZA

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Del Giubileo cattolico, creato da papa Bonifacio VIII nel 1300 (circa dodici secoli dopo la stesura finale del Nuovo Testamento), non esiste la benché minima traccia nel Nuovo Testamento stesso. Non solo non ne esiste traccia, ma non se ne adombra neppure l’idea. Se le cose stanno così, allora perché parlarne?

Semplicemente per non dimenticare mai la pericolosità dell’uomo nel cristianesimo, in specie quando si parla di salvezza delle anime nel mondo ultraterreno, salvezza che è lo scopo preciso della fede (1Pietro 1:8-9).

Chi confida nell’uomo è destinato a perire Così parla il Signore: “Maledetto l’uomo che confida nell’uomo e fa della carne il suo braccio e il cui cuore si allontana dal Signore … Benedetto l’uomo che confida nel Signore, e la cui fiducia è il Signore”!», Geremia 17:5-7).

 

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NON SECOLARIZZAZIONE, MA SCRISTIANIZZAZIONE

Nel profluvio / diluvio di considerazioni relative al Giubileo della speranza (2025) che si fanno in questi giorni, quelle avanzate da Massimo Cacciari, insigne studioso di filosofia, già sindaco di Venezia, lasciano poche speranze alla speranza. Stante l’attuale, tragica situazione, non si va da nessuna parte, e non c’è Giubileo che tenga.

In un breve articolo firmato da Gian Guido Vecchi (Momento tragico. La gente non ascolta più le parole del vangelo, Corriere della Sera, 24 dicembre 2024), il professor Cacciari sostiene che l’attuale disastroso stato della religiosità in Italia non è tanto il risultato della secolarizzazione, quanto piuttosto della scristianizzazione dovuta al mancato ascolto delle parole di Gesù.

 

NESSUNA SPERANZA DALL’UOMO

Chi ama la Bibbia sa che è così da secoli e secoli. Quale speranza può avere l’uomo peccatore in una parcellizzazione / divisione del fatto cristiano (che è invece giornaliero), quale ad esempio il Giubileo cattolico, voluta dall’uomo peccatore egli stesso, che si arroga il diritto di rimettere i peccati dell’altro uomo tanto peccatore quanto lui? È il cane che si morde la coda. Non solo non si esce da questo vortice che porta l’uomo sempre più in basso, ma non si fa nulla perché la fede, la speranza e la carità in Cristo emergano. Ciò che l’uomo sa fare meglio è parlare, parlare (soprattutto gli Italiani sono maestri in questo), piuttosto che ascoltare la Parola di Dio e metterla in pratica (Luca 8:19-21). «Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e in verità» (1Giovanni 3:18). Il Giubileo cattolico non dà nessuna speranza, perché l’uomo non dà speranza. La speranza della salvezza proviene solo dal Cristo e dalla sua Parola.

 

IL GIUBILEO NON È OCCASIONE DI GIUBILARE

Per Cacciari, «il Giubileo non è occasione di giubilare, di esprimere la gioia che produce la conversione e la remissione dei debiti … Le figure degli ultimi pontefici sono tragiche. Hanno cercato di restituire al Giubileo il suo significato perché conoscevano la situazione». Ma qual è la situazione?

Per Cacciari, il problema non è la secolarizzazione – visto che Gesù e i cristiani fin dall’inizio vivono nel secolo per predicare il vangelo della speranza tra il popolo (laòs). La tragedia sta «nella scristianizzazione, nel fatto che non si ascoltano più le parole di Gesù. Puoi benissimo non credere che Gesù sia il Lògos che sta presso Dio [Giovanni 1:1ss], ma le sue sono parole di una figura storica, pronunciate e trasmesse … sono le parole del Vangelo, le Beatitudini, il Samaritano, che oggi tacciono … È evidente che le parole del Vangelo non hanno contato nulla. Non che abbiano mai agito profondamente; già Kierkegaard [morto nel 1855], parlava di duemila anni di scandalo. E tuttavia vi era una disponibilità all’ascolto in vastissimi strati della società e della politica». Ora non più.

Per Cacciari, «tragica è la figura di Wojtila che lotta tutta la vita contro l’ateismo comunista e scopre infine che il pericolo viene dal consumismo. È tragico Ratzinger che vede la scristianizzazione nel centro sacrale della cristianità [meglio sarebbe: del cattolicesimo], Roma, l’Europa, e si dimette perché non dilaghi nella stessa Chiesa. Ed è tragico Francesco che la dà per scontata e parla di periferie … Che senso ha parlare di periferie se viene meno il centro?».

 

LA PREDICA? NON PIÙ DI OTTO MINUTI!

https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2024/12/04/il-papa-no-alle-omelie-lunghe-massimo-10-minuti_77b275f3-5b92-4275-b650-9da9c9353a13.html

Bergoglio vuole che le prediche non durino più di otto minuti perché poi “la gente” si stufa, non è concentrata, non apprende, non gradisce. Così facendo egli distrugge tutto lo straordinario patrimonio didattico della Parola di Dio che ha sempre caratterizzato il cristianesimo fin dalle origini. Ma le esternazioni di Bergoglio durano più o meno di otto minuti? Noi dovremmo stare attenti a sentire le sue parole (anche sulle suocere) e non dovremmo concedere più di otto minuti alla Parola di Dio? Ma chi è più importante: Bergoglio o la Parola di Dio? Con buona pace di Bergoglio, non si dà cristianesimo senza Parola di Dio; non si dà testimonianza evangelica senza l’amore e la conoscenza della Parola del Signore, l’unica che veramente conti nella cristianità e per la cristianità. Il resto è solo l’uomo con il suo vorticare e inabissarsi nella propria ignoranza e superbia. Dovevamo dunque aspettare le esternazioni di un uomo di 88 anni per sapere che la predica non deve superare gli otto minuti? Tutto questo è inaudito, inaccettabile, inammissibile, impossibile a sopportarsi! Per favore, signor Bergoglio: abbia un po’ di pietà per chi ama la Parola di Dio! Con quale autorità Lei si pronuncia in merito? Il povero Paolo di Tarso, l’apostolo Paolo, il san Paolo dei cattolici, avrebbe fatto davvero una brutta fine con Lei (Atti 20:9)! In materia biblica gli Italiani sono ignoranti come somari. Altro che otto minuti! Ce ne vorrebbero ottocento!

 

IGNORANZA DELLA BIBBIA IN ITALIA (LUTERO, PAUL CLAUDEL, CACCIARI ED ECO)

A ben guardare, la posizione del professor Cacciari circa l’assenza di cultura biblica nel nostro Paese non è affatto nuova. Già scriveva nel 2008 su Famiglia Cristiana: «La conoscenza tecnica (sulla Bibbia) è scarsissima. Mi sono capitati studenti da 30 e lode in filosofia che confondevano san Paolo con Mosè e credevano che Gesù avesse scritto la Genesi …». Se la Bibbia è così poco diffusa in Italia «la colpa è della Chiesa cattolica», che «detiene il monopolio dell’insegnamento della religione. Io quando insegnavo Filosofia nei licei parlavo delle Bibbia, anche senza il patentino dei vescovi».

Cacciari critica duramente anche chi fa ironia sul cristianesimo. «Se un intellettuale laico non si confronta con la Bibbia e la tratta con stupida ironia, oppure non presuppone che quel libro è anche Parola di Dio, allora sbaglia mestiere. E sono tutti quelli come Piergiorgio Odifreddi, comici nipotini di Voltaire, che non intendono fare alcuna fatica intellettuale per comprendere che anche i cristiani hanno cittadinanza e dignità culturale».

Sempre nello stesso periodo, Umberto Eco si chiedeva (L’Espresso, 10 settembre 2008): «Perché i ragazzi devono sapere tutto degli eroi di Omero e nulla di Mosè? Perché la Divina Commedia sì e il Cantico dei Cantici no? … Si sa bene che la Divina Commedia, per essere decifrata, ha bisogno della Bibbia … [che è] il “Grande Codice” per decifrare tutte le espressioni culturali dell’Occidente».

Per rincarare la dose, citiamo Martin Lutero (1483-1546) e Paul Claudel (poeta cattolico francese, 1866-1955). Lutero faceva notare che «in Italia la Sacra Scrittura è così dimenticata che assai raramente si trova una Bibbia» (Discorsi a Tavola, 1531-1546). Tale assenza fa sì che «il rispetto dei cattolici per la Sacra Scrittura è senza limiti: esso si manifesta soprattutto con lo starne lontano» (Paul Claudel, 1948).

 

NON SI PUÒ RACCOGLIERE QUELLO CHE NON SI È SEMINATO

Anche dopo il Concilio Vaticano II (1962-1965), la conoscenza della Bibbia permane estremamente limitata in Italia, dato che non si può pretendere di raccogliere quello che non si è mai seminato per secoli e secoli. Allora, dove sta la speranza, come si fa ad avere la speranza che le cose cambino in meglio? Dov’è la speranza in uno scatto improvviso e duraturo senza la Parola di Dio? Dov’è la speranza della conversione al vangelo e al miglioramento generale della società senza la Parola di Dio? La speranza sta nelle indulgenze, quelle giubilari del prete cattolico? Non stiamo scherzando, vero?

 

NEL SECOLO SÌ, MA NON DI QUESTO SECOLO

Il cristiano secondo il N.T. non ama né il mondo né le cose del mondo (1Giovanni 2:15). L’apostolo Paolo esortava così: «Non conformatevi a questo mondo, ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente, affinché conosciate per esperienza quale sia la volontà di Dio, la buona, gradita e perfetta volontà» (Romani 12:2). Il cristiano predica il vangelo nel secolo presente in calma attesa del ritorno del Signore Gesù, mai dimenticando l’invito del Signore Gesù stesso (Matteo 28:18-20).

Il resto è fuffa (forma dialettale del nord Italia, che vale “chiacchiera senza alcun fondamento o significato, luogo comune”).

 

Arrigo Corazza