AEQUITAS ROMANA. LA MALDICENZA, LA GIUSTIZIA DEI PAGANI E QUELLA DEI CRISTIANI

IL BATTESIMO
17 Ottobre 2022
IL CRISTIANO E LA FREQUENZA
18 Ottobre 2022
Mostra tutto

AEQUITAS ROMANA. LA MALDICENZA, LA GIUSTIZIA DEI PAGANI E QUELLA DEI CRISTIANI

Pisa, 18 ottobre 2022

 

«Avendo abbandonato la frequentazione delle lettere apostoliche, sono rimaste solo le anonime» (Bob Little Round).

 

*  *  *

 

Qualche anno fa una Chiesa di Cristo in Italia (non quella di Pisa) ricevette una serie di lettere anonime che intendevano colpire la sessualità di un predicatore che serviva una Chiesa di Cristo là vicino. Temendo che tali lettere potessero essere spedite anche a noi, fummo informati dell’obbrobrioso fatto. Ne discutemmo senza soffermarci ovviamente sui dettagli (ci interessava il principio da seguire e non conoscere chi fosse eventualmente implicato). «Se accadesse a noi, allora come ci dovremmo comportare? Le lettere non sono firmate». Tutti dissero di comune accordo: «LETTERE ANONIME? LETTERE DA RESPINGERE senza pietà. Aderendo a questo principio si potrebbe accusare il prossimo di tutto senza possibilità di difesa. Così insegna il N.T. (vedi sotto)». Solo una sorella dissentì presentando una tesi alquanto singolare: «si può cestinare una prima volta; ma se le denunce continuano ad arrivare, allora bisogna andare in fondo perché evidentemente è vero». Quindi, il suo concetto era che una lettera anonima può essere falsa, più lettere anonime mandate dalla stessa persona non lo sono. Mah! E non ci fu verso di convincerla. Povera! Ma dov’è ora?

La tecnica della calunnia o dell’accusa anonima, propria del mondo, è sempre stata usata e continuerà ad esserlo. Quale tristezza e vergogna! Il principio, veramente demoniaco, che regola questa maniera di pensare è che «se gira la voce, allora significa che deve essere vero o perlomeno deve esserci qualcosa sotto!». Nella mentalità collettiva, è più facile chiedere di discolparsi piuttosto che chiedere di provare le accuse. A molti Italiani le lettere anonime accusatorie sono sempre piaciute, specie durante il fascismo che ne seppe fare l’uso che voleva. E molti ci rimisero la pelle, anche cittadini italiani di religione ebraica venduti dai propri connazionali ai nazisti.

 

* * *

 

INTRODUZIONE

Talora i pagani si rivelano più giusti e avveduti dei cristiani (Lc 16:8), e questo è un fatto assai grave, indegno della Chiesa di Cristo (1Cor 6:1-7). Infatti, può capitare che nel Regno non si ami la giustizia di Dio sopra ogni altra cosa (Mt 6:33). I maldicenti e gli oltraggiatori riescono spesso a farla franca, nelle Chiese di Cristo. La maldicenza genera il pregiudizio, e il pregiudizio, a sua volta, produce ogni sorta d’iniquità perché non si applicherà più la mentalità voluta da Cristo (1Cor 2:16). Non bisogna avere comunione con i maldicenti, con gli oltraggiatori (1Cor 5:11; 6:10). Occorre solo pregare perché si ravvedano biblicamente, se Dio concede loro il tempo per farlo. Le vie del Signore sono infinite, ma anche Satana ne conosce molte … e quella della maldicenza e dell’oltraggio è una di queste.

Chiamati dal Vangelo (2Ts 2:14) a far parte del Regno, entrati nel Regno stesso (Col 1:13) per mezzo della fede e del battesimo (Gv 3:5), a noi cristiani viene richiesto di comportarci secondo i requisiti del Regno (Fil 1:27), essendo la nostra cittadinanza nei cieli, da dove aspettiamo il Signore Gesù (Fil 3:20). In Cristo abbiamo dunque vita nuova. Se davvero la nostra cittadinanza è nei cieli, allora bisogna guardare alle cose di lassù, e non più a quelle di quaggiù, dominate da una logica che non deve più appartenerci (Col 3:1ss). Sulla disposizione mentale e pratica del cristiano (redento dal sangue del suo Signore), la parte finale della parabola degli invitati a nozze è esemplare: nessuno che si presenti al Banchetto celeste può sperare di scampare al giudizio dell’Onnipotente senza indossare l’abito adatto, quello dello sposalizio (Mt 22:1-14).

Teoricamente, non appare difficile comportarsi da cittadini del Regno dell’amore: difatti, basterebbe vivere secondo la carità di cui Paolo tesse il celebre elogio in 1Corinzi 13. In pratica, però, le cose stanno messe in modo assai diverso: i nostri comportamenti nel Regno lasciano spesso a desiderare, e non solo per mancanza di conoscenza, ma anche e soprattutto perché continuiamo a portare la veste del peccato. Insomma: siamo cittadini bensì del Regno splendido, nuovo e maturo nel contempo, portato da Cristo negli ultimi giorni (Eb 1:1), ma continuiamo a vivere sospinti da una mentalità molto vecchia e inquinata dal criterio del mondo (mondo dal quale siamo stati strappati grazie all’opera redentrice e gratuita di nostro Signore: Ga 1:4). Dovremmo vergognarci e pentirci dei nostri indegni comportamenti, specie quando i pagani si dimostrano più giusti, saggi e avveduti di noi (cfr. Lc 16:8). Non dobbiamo sottovalutare mai l’uomo, che reca nella propria vita il paradosso del male e del bene mischiati assieme. E per l’appunto, i cristiani possono storicamente notare che l’uomo non redento dalla Parola di Dio sa talora comportarsi come si deve e conviene.

Tre sono gli ambiti dai quali possiamo imparare a combattere la maldicenza e l’oltraggio:

  1. la giustizia degli uomini (Aequitas Romana);
  2. la legge mosaica;
  3. il Vangelo di Gesù Cristo.

 

LA GIUSTIZIA DEGLI UOMINI (AEQUITAS ROMANA)

Un esempio famoso e convincente di giustizia umana è stato sicuramente costituito dal sistema giuridico di Roma, che resta tuttora alla base del mondo occidentale. Vediamo un caso descritto negli Atti degli Apostoli

ATTI 25:16

«Non è abitudine dei Romani consegnare un accusato prima che abbia avuto gli accusatori di fronte e gli sia stato dato modo di difendersi dall’accusa».

* * *

Così si esprime Porcio Festo, neo procuratore della Giudea, a proposito di Paolo, di cui i sommi sacerdoti e gli anziani di Gerusalemme avevano chiesto la condanna. Per principio morale (non codificato da alcuna norma scritta, a quanto se ne sa), i Romani non consentivano che si accusasse e/o condannasse qualcuno prima che i suoi accusatori si fossero presentati con le prove, pena lo scadimento dell’addebito stesso. Che poi questo non sia sempre avvenuto, che vi siano stati abusi, è vero, ma è tutt’altro discorso. Nel caso della battitura di Paolo e Sila a Filippi (At 16:22) si è calpestata la legge Porcia del 248 a.C., che impediva la fustigazione dei cittadini romani: Paolo e Sila, essendo cittadini romani, non dovevano essere frustati. Nondimeno, la giustizia di Dio e degli uomini ha il suo corso: l’apostolo, autore di brani quali Rm 12:17-21 e 1Cor 6:7-9, esigerà le scuse da parte delle autorità umane prima di lasciare Filippi (cfr. At 16:35-40): non bisogna ledere o calpestare i diritti altrui. Del resto, il civis Romanus (cittadino romano) Paolo di Tarso vedrà riconosciuti i suoi diritti dalle autorità romane a Filippi, a Corinto, a Gerusalemme (cfr. At 16:20-39; 18:13; 23:29).

Il governatore Felice così dice a Paolo tradotto a Cesarea da Gerusalemme: «ti ascolterò meglio quando saranno giunti anche i tuoi accusatori» (At 23:35). Felice sospende quindi il giudizio nell’attesa di udire entrambe le parti in causa. Claudio Lisia, il tribuno che aveva salvato Paolo dal linciaggio nel Tempio, dopo essersi informato sulla questione e non averne ricavato nulla di soddisfacente, scrive a Felice in questi termini: «l’ho subito inviato a te, ordinando anche ai suoi accusatori di dire davanti a te quello che hanno contro di lui» (At 23:30). Dunque, Claudio Lisia, Felice, Festo, rappresentanti il governo e la giustizia di Roma, ribadiscono tutti senza esitazione il medesimo principio.

LA RISPOSTA DI TRAIANO A PLINIO IL GIOVANE

Intorno al 111 d.C., nella corrispondenza tra Plinio il Giovane, governatore in Bitinia, e Traiano circa il trattamento da riservare ai cristiani, l’imperatore risponde in questo modo a Plinio: «Tu hai seguito, o mio Secondo, la procedura che dovevi, nell’investigazione dei processi di coloro che ti sono stati denunciati come cristiani. Non si può, infatti, stabilire una forma generale che abbia forma per così dire fissa. Non devono essere ricercati; se sono denunciati e convinti [cioè riconosciuti colpevoli], debbono essere puniti ma secondo questo criterio: chi avrà negato di essere cristiano e lo avrà provato con i fatti, venerando cioè i nostri dei, anche se per il passato è stato sospetto, ottenga il perdono a seguito del suo pentimento. MA LE DENUNCE ANONIME NON DEVONO AVERE VALORE IN NESSUN TIPO DI ACCUSA. SAREBBE DI PESSIMO ESEMPIO E NON DEGNO DEL NOSTRO TEMPO» (Plinio Cecilio Secondo, Epistularum Libri, X, 96, 97). Esattamente quel che noi oggi nella nostra società in genere, e anche in talune Chiesa di Cristo, non facciamo …

Che lezione ci ha impartito il pagano Traiano! Se duemila anni fa quell’esempio era ritenuto pessimo e indegno dei tempi, allora che cosa dovremmo dire oggi? Non abbiamo dunque imparato proprio niente dalla Parola di Dio, dalla storia e dalla natura delle cose?

 

LA LEGGE MOSAICA

DEUTERONOMIO 1:16-17

«In quel tempo io [Mosè] diedi quest’ordine ai vostri giudici: “Ascoltate le cause dei vostri fratelli, e giudicate con giustizia le questioni che uno può avere con il fratello o con lo straniero che abita da lui. Nei vostri giudizi non avrete riguardi personali; darete ascolto al piccolo come al grande; non temerete alcun uomo, poiché il giudizio appartiene a Dio; e le cause troppo difficili per voi le presenterete a me e io le ascolterò”».

DEUTERONOMIO 17:2-7

«Se in mezzo a te, in una delle città che il Signore, il tuo Dio, ti dà, si troverà un uomo o una donna che fa ciò che è male agli occhi del Signore tuo Dio, trasgredendo il suo patto, che segue altri dèi per servirli e prostrarsi davanti a loro, davanti al sole o alla luna o a tutto l’esercito celeste, cosa che io non ho comandato, quando ciò ti sarà riferito e tu l’avrai saputo, fa’ un’accurata indagine; se è vero, se il fatto sussiste, se una tale abominazione è stata realmente commessa in Israele, farai condurre alle porte della tua città quell’uomo o quella donna che avrà commesso quell’atto malvagio e lapiderai a morte quell’uomo o quella donna. Il condannato sarà messo a morte in base alla deposizione di due o di tre testimoni; non sarà messo a morte in base alla deposizione di un solo testimone. La mano dei testimoni sarà la prima a levarsi contro di lui per farlo morire, poi la mano di tutto il popolo; così toglierai il male di mezzo a te».

 

* * *

 

Dunque, anche la legge mosaica conteneva una norma precisa in materia, che si accorda con il diritto romano fin qui visto (cfr. anche Eb 10:28).

Tale norma viene ripresa da Nicodemo in Gv 7:51: «la nostra legge giudica un uomo prima che sia stato udito e che si sappia quel che ha fatto?» (si ricordino, inoltre, Mt 18:16; Dt 19:15; 2Cor 13:1; 1Tm 5:19). Chi scrive lettere anonime accusando il prossimo, vuole fare male, uccidere senza né apparire né sporcarsi le mani, come dovevano fare i testimoni accusatori del prossimo (erano i primi a scagliare la pietra). Se ne stia da solo con la sua cattiveria, perché è indegno di vivere in un consorzio (umano o spirituale). Non ha diritto di cittadinanza in nessun ambito. Nessuno lo vuole perché è un omicida.

 

E LA GIUSTIZIA DEI CRISTIANI?

Da quanto si è fin qui esaminato, abbiamo capito un punto fondamentale: il diritto romano, quello mosaico e il diritto naturale sono esattamente il contrario del diritto della giungla, dove vige la legge del più forte e astuto. Il più debole va sempre difeso. Nessuno, in ogni tempo e luogo, deve essere accusato e condannato se non lo merita, se non lo comprova la più nutrita schiera di prove schiaccianti (cfr. bene Gv 18:23 e 8:46). Certo, a nessuno piacerebbe essere messo in queste condizioni. Eppure questo è quel che succede spesso tra gli uomini.

Nelle Chiese di Cristo ha spesso regnato la chiacchiera, la maldicenza. Pertanto, a tutti noi può capitare di essere malvisti e/o accusati senza alcun motivo. E quando, cascando dalle nuvole, rispondiamo: «Di che cosa parli? Io non ne so niente! Come puoi accusarmi e condannarmi senza la benché minima prova, senza che io addirittura sapessi che girava questa voce sul mio conto? Chi ti ha detto questo? Chiariamo immediatamente!», allora è certo che il nostro fratello interlocutore dirà di non ricordare, di non sapere, di aver sentito dire in modo vago, ma di non essere in grado di specificare ulteriormente … e non si verrà a capo di nulla (è come correre nel campo dietro ad una lepre o ad una lucertola).

È interessante notare come in At 25:16 siano gli accusatori a comparire di fronte a Paolo; ossia, essi si trovano a confronto diretto con Paolo, che, in qualità di accusato, viene protetto nella sua difesa. In sintesi: la legge mosaica divina, i Romani e il buon senso ci avrebbero dovuto insegnare che non si è colpevoli finché non vi siano prove chiare, sicure, incontrovertibili.

Si è spesso parlato male di molti fratelli senza che questi sapessero minimamente di essere oggetto di tale non proprio benevola attenzione. Si è spesso condannato il fratello senza che questo avesse la benché minima possibilità di difesa. Si è condannato perché piaceva farlo, forse perché si doveva fare per screditare e tacitare gli altri, gli avversari. Noi tutti abbiamo sempre qualche avversario da abbattere ed allora usiamo ogni arma, lecita o illecita. Eppure, siamo un alito di fronte all’eternità del Sovrano del cosmo, l’unico vero giudice a cui spetta la vendetta (Rm 12:19).

La sottile trama delle chiacchiere si sviluppa a dismisura solo per un motivo; c’è il maldicente e c’è chi ascolta il maldicente. Come paragone, potremmo dire che le prostitute ci sono perché esistono coloro che le pagano, che vanno con loro. Dunque, il male è alla radice, nel cuore dei cristiani. Tutti quanti noi dovremmo fare molta attenzione a quel che diciamo e a quando lo diciamo. Dovremmo pensare esattamente a ciò che le nostre parole potrebbero produrre, se non adeguatamente comprovate dalla realtà dei fatti.

È una vera e propria vergogna che simili cose siano accadute, continuino ad accadere e sicuramente accadranno nel Regno di Dio, dove, al contrario, dovrebbero vigere il «sì, sì, no no» (Mt 5:37; Gc 5:12; 2Cor 1:17-18), la pace, la gioia, la pulizia mentale e spirituale, la fanciullezza quanto al male e la vecchiaia quanto alla maturità (1Cor 14:20).

 

CONCLUSIONE

Nelle Chiese dobbiamo abbattere la brutta abitudine di sparlare degli altri senza la minima prova. I risultati si vedranno: Chiese più pulite, pronte ad accogliere i peccatori ravveduti; migliore e più proficuo servizio nel Regno di Dio, PERCHÉ IL PREGIUDIZIO, L’ACCUSA INFONDATA, L’ODIO PREMEDITATO E LA VENDETTA UMANA NON OPERANO LA GIUSTIZIA DIVINA, MA QUELLA DI SATANA.

Quante energie abbiamo sprecato, nel Regno, a causa di questa maniera di fare? Non avremmo lavorato di più, tutti assieme, per la glorificazione del Vangelo nel mondo preda del peccato? Di quanta gioia (quella di stare assieme nella fratellanza) ci siamo privati? E quanta pace abbiamo perso (Rm 8:6; 12:18; 14:17,19)?

Al fine di distruggere la triste consuetudine di volersi fare giustizia individuale, sommaria, senza difesa biblica per l’accusato, occorre avere una nuova mentalità, quella del Regno, che ci impedisce di fare il male, di ascoltarlo e di propagarlo a cuor leggero. Nel giorno del giudizio, dove cercheremo scampo? Nel ventre del gran pesce, come Giona? Le vie del Signore sono infinite, ma anche Satana ne conosce molte (2Cor 2:11; 2Ts 2:9; 1Pt 5:8-9) … e quella della maldicenza/oltraggio è sicuramente e diabolicamente una di queste.

Ad ogni modo, per comporre problemi tra fratelli, esiste sempre la via giudiziale stabilita dal Signore Gesù (Mt 18:15-18). Seguiamola con esattezza e fiducia!

 

 Arrigo Corazza