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FILIPPO E L’ETIOPE (At 8:26-40)

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Il resoconto della conversione dell’eunuco (At 8:26-40) è una delle pagine più vivide e care al credente in Cristo, che vi ravvisa il potente intervento di Dio unito alla semplicità, all’amore e all’ubbidienza degli uomini che lo cercano. Una volta convinto, senza troppo arzigogolare, quell’importante personaggio, alla pari del carceriere di Filippi (At 16:30), accetta il Signore e si fa immergere per la remissione dei suoi peccati. Da questo scarno episodio si possono trarre alcuni insegnamenti magistrali. Occorre ringraziare Dio per averci dato le Sacre Scritture, che così sapientemente ci introducono negli imperscrutabili disegni divini.

Qui di seguito cercheremo di dare qualche sommaria indicazione per intendere il fatto. Inizieremo fornendo il testo con un brevissimo commento, che ci servirà a collocare il brano nel quadro degli Atti, prima di presentare le valutazioni conclusive ed utili alla nostra fede.

 

ATTI 8:26-40 (TESTO E COMMENTO)

«Un angelo del Signore parlò a Filippo così: “Alzati, e va’ verso mezzogiorno, sulla via che da Gerusalemme scende a Gaza. Essa è una strada deserta». Egli si alzò e partì. Ed ecco un etiope, eunuco e ministro di Candace, regina di Etiopia, sovrintendente a tutti i tesori di lei, era venuto a Gerusalemme per adorare, e ora stava tornandosene, seduto sul suo carro, leggendo il profeta Isaia. Lo Spirito disse a Filippo: “Avvicinati, e raggiungi quel carro». Filippo accorse, udì che quell’uomo leggeva il profeta Isaia, e gli disse: “Capisci quello che stai leggendo?”. Quegli rispose: “E come potrei, se nessuno mi guida?”. E invitò Filippo a salire e a sedersi accanto a lui. Ora il passo della Scrittura che egli leggeva era questo: “Egli è stato condotto al macello come una pecora; e come un agnello che è muto davanti a colui che lo tosa, così egli non ha aperto la bocca. Nella sua umiliazione egli fu sottratto al giudizio. Chi potrà descrivere la sua generazione? Poiché la sua vita è stata tolta dalla terra”. L’eunuco, rivolto a Filippo, gli disse: “Di chi, ti prego, dice questo il profeta? Di se stesso, oppure di un altro?”. Allora Filippo prese a parlare e, cominciando da questo passo della Scrittura, gli comunicò il lieto messaggio di Gesù. Strada facendo, giunsero a un luogo dove c’era acqua. E l’eunuco disse: “Ecco l’acqua; che cosa impedisce che io sia battezzato?”. Filippo disse: “Se tu credi con tutto il cuore, è possibile”. L’eunuco rispose: “Io credo che Gesù Cristo è il Figlio di Dio”. Fece fermare il carro, e discesero tutti e due nell’acqua, Filippo e l’eunuco; e Filippo lo battezzò. Quando uscirono dall’acqua, lo Spirito del Signore rapì Filippo; e l’eunuco, continuando il suo viaggio tutto allegro, non lo vide più. Poi Filippo si ritrovò in Azot; e, proseguendo, evangelizzò tutte le città, finché giunse a Cesarea» (At 8:26-40).

* * *

«Un angelo del Signore parlò a Filippo così: “Alzati, e va’ verso mezzogiorno, sulla via che da Gerusalemme scende a Gaza. Essa è una strada deserta» (v. 26).

Come si può facilmente notare dal racconto di Luca, che ama descrivere negli Atti l’opera dello Spirito Santo – il principale protagonista del libro: parla, agisce, guida le sorti della Chiesa (cfr. Gv 7:39) –, l’intero episodio non si deve al caso, alla fortuna (concetti, questi, desunti dal pensiero pagano e del tutto estranei al N.T.), ma all’iniziativa divina. L’angelo del Signore (cfr. At 5:19) comunica a Filippo le direttive soprannaturali (in quale modo – visione, sogno, e così via – non sappiamo. Da notare che, in seguito, lo Spirito del Signore interviene per guidare Filippo (al v. 29 gli ingiunge di avvicinarsi al carro; al v. 39 rapisce il nostro uomo portandolo altrove, ad Azot, e sottraendolo alla vista dell’eunuco). Nell’ottica di Luca, dunque, non esiste differenza tra l’angelo e lo Spirito: Filippo è guidato dall’alto.

Filippo è un cristiano di rilievo, uno dei sette servitori della Chiesa di Gerusalemme (At 6:5) dedicatosi, in seguito, alla evangelizzazione della Samaria (At 8:5ss), e della costa mediterranea, fino a Cesarea (At 8:40). E proprio a Cesarea, anni dopo, intorno al 58 d.C., lo troverà Paolo («giungemmo a Cesarea; ed entrati in casa di Filippo l’evangelista, che era uno dei sette, restammo da lui. Egli aveva quattro figlie non sposate, le quali profetizzavano», At 21:8-9). Non conosciamo né dove né quando Filippo ricevette l’ingiunzione divina (Luca l’aveva lasciato in Samaria; ma, come spesso accade nei suoi scritti, non sempre alla vicinanza letteraria corrisponde la prossimità cronologica). Sappiamo che egli deve recarsi a mezzogiorno (l’originale greco può indicare sia l’ora, sia la direzione: “verso sud”) in una strada deserta, quella tra Gerusalemme a Gaza.

* * *

«Egli si alzò e partì. Ed ecco un etiope, eunuco e ministro di Candace, regina di Etiopia, sovrintendente a tutti i tesori di lei, era venuto a Gerusalemme per adorare, e ora stava tornandosene, seduto sul suo carro, leggendo il profeta Isaia» (vv. 27-28).

L’angelo non rivela a Filippo che cosa accadrà di lì a poco. Dio lo fa incontrare con un uomo proveniente da una terra lontana, sita ai confini meridionali del mondo allora conosciuto. Di quest’uomo Luca specifica bene

  • la provenienza (Etiopia),
  • la condizione (eunuco),
  • la funzione, lo status sociale (ministro di Candace).

Indefinita appare, invece, come vedremo oltre, la sua posizione religiosa. Si tratta di un alto funzionario preposto all’amministrazione dei beni di Candace, regina d’Etiopia (Candace non è nome proprio ma titolo onorifico, simile a “Faraone” o a “Cesare”).

Il regno d’Etiopia, il regno nubiano con capitale Meroe, era situato lungo il Nilo superiore, suppergiù tra la prima e la sesta cateratta, da Assuan a Khartoum nel Sudan. Patria di formidabili arcieri, nell’A.T. esso è Cush.

Dunque, è adempiuta è la promessa del Sal 68:32 che annuncia l’avvicinamento dell’Etiopia al Signore (Yhwh).

Quest’africano è eunuco, evirato, ossia privo della capacità di generare (cfr. Mt 19:12). Tali individui erano esclusi dalla partecipazione ai privilegi d’Israele («L’eunuco, a cui sono stati infranti o mutilati i genitali, non entrerà nell’assemblea del Signore», Dt 23:1). Ma Isaia rimuove la proibizione per quegli eunuchi pii e fedeli a Dio («Non dica l’eunuco: “Ecco, io sono un albero secco”! Infatti così parla il Signore circa gli eunuchi che osserveranno i miei sabati, che sceglieranno ciò che a me piace e si atterranno al mio patto: “Io darò loro, nella mia casa e dentro le mie mura, un posto e un nome, che avranno più valore di figli e di figlie; darò loro un nome eterno, che non perirà più”» (Is 56:3-5). Anche questa profezia ha trovato compimento nei tempi messianici. Altri pensa, meno bene, che l’appellativo “eunuco”, come già in ebraico, sia qui titolo corrispondente a “cameriere, ciambellano”: indicherebbe, in altre parole, il funzionario di palazzo e non il castrato (il riferimento è a Potifarre, in Gn 39:1ss, e all’importanza assunta dai vari eunuchi, nelle corti orientali, per la loro custodia degli harem reali: cfr. Est 2:3).

Luca non specifica la posizione religiosa dell’eunuco, sicché questi può essere:

  • un vero e proprio ebreo per nascita;
  • un proselito, cioè un pagano integrato nel popolo di Dio mediante la circoncisione;
  • un simpatizzante per il monoteismo ebraico, come Cornelio (At 10).

Certo, per Luca l’emancipazione dei pagani dalla circoncisione, la loro immissione nella salvezza mediante la fede in Cristo Gesù si attua pienamente a partire dall’episodio di Cornelio, che tanto rilievo ebbe nella Chiesa del primo secolo. Quel che sappiamo è che l’eunuco tornava da Gerusalemme, dove aveva adorato: la qual cosa potrebbe farci pensare che fosse un Giudeo di nascita o di adozione. Secondo le consuetudini dell’antichità, egli legge ad alta voce un passo del profeta Isaia, un passo del canto del Servo sofferente. Il faticoso e lento snodarsi del carro lungo la via meridionale è accompagnato dalla Parola di Dio.

* * *

«Lo Spirito disse a Filippo: “Avvicinati, e raggiungi quel carro”. Filippo accorse, udì che quell’uomo leggeva il profeta Isaia, e gli disse: “Capisci quello che stai leggendo?”. Quegli rispose: “E come potrei, se nessuno mi guida?”. E invitò Filippo a salire e a sedersi accanto a lui. Ora il passo della Scrittura che egli leggeva era questo: “Egli è stato condotto al macello come una pecora; e come un agnello che è muto davanti a colui che lo tosa, così egli non ha aperto la bocca. Nella sua umiliazione egli fu sottratto al giudizio. Chi potrà descrivere la sua generazione? Poiché la sua vita è stata tolta dalla terra”» (vv. 29-34).

Guidato dallo Spirito, Filippo accorre ed intesse con lui un discorso sul brano d’Isaia (53:7ss). L’evangelista gli chiede se comprende il senso delle parole del profeta. La risposta è, in pari tempo, umile e sincera. Segue l’invito a continuare il viaggio insieme per approfondire, studiare la Parola di Dio, che, nella fattispecie, si riferisce al Signore buono e innocente, al Messia di Dio.

* * *

«L’eunuco, rivolto a Filippo, gli disse: “Di chi, ti prego, dice questo il profeta? Di se stesso, oppure di un altro?”. Allora Filippo prese a parlare e, cominciando da questo passo della Scrittura, gli comunicò il lieto messaggio di Gesù. Strada facendo, giunsero a un luogo dove c’era dell’acqua. E l’eunuco disse: “Ecco dell’acqua; che cosa impedisce che io sia battezzato?» (vv. 34-36).

Abbiamo qui un chiaro esempio dell’unità dei due testamenti (Antico e Nuovo). Infatti, il tema della Bibbia è Cristo Gesù, il Signore e Salvatore. Si poteva e si può partire ancora oggi dall’A.T. per annunziare il Cristo. Non si dimentichi mai che il terreno di coltura del cristianesimo fu l’ebraismo. Non sappiamo quanto a lungo Filippo abbia parlato; ma certo egli avrà descritto le condizioni necessarie ad entrare in relazione con Dio, cioè per essere un cristiano, innestato nel Signore. Che abbia parlato del battesimo e dei suoi eventuali impedimenti è indubbio dalle parole dell’eunuco allorché il gruppo giunge in prossimità dell’acqua. Perché mai l’eunuco avrebbe chiesto di essere immerso subito se il battesimo illustratogli da Filippo non fosse stato quello per ottenere la remissione dei peccati?

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«Filippo disse: “Se tu credi con tutto il cuore, è possibile”. L’eunuco rispose: “Io credo che Gesù Cristo è il Figlio di Dio» (v. 37).

Questo verso manca in tutti i principali codici unciali greci, in molti minuscoli, nelle versioni siriaca, etiopica e copta, nonché nei migliori codici della Volgata. Esso non appartiene dunque al testo originale. Si è fatto notare (Metzger) che non esiste ragione per la sua omissione da parte degli scribi se fosse stato presente sin dalla origine. Il più antico manoscritto del N.T. recante questo verso risale al VI secolo. Tuttavia, la tradizione della confessione di fede dell’eunuco era già presente nell’ultima parte del III secolo (Ireneo). Forse si tratta di un’antica formula della liturgia battesimale (cfr. Rm 10:9; 1Cor 12:3; Fil 2:11; At 16:31).

* * *

«Fece fermare il carro, e discesero tutti e due nell’acqua, Filippo e l’eunuco; e Filippo lo battezzò. Quando uscirono dall’acqua, lo Spirito del Signore rapì Filippo; e l’eunuco, continuando il suo viaggio tutto allegro, non lo vide più. Poi Filippo si ritrovò in Azot; e, proseguendo, evangelizzò tutte le città finché giunse a Cesarea» (vv. 38-40).

L’Etiope non indugia e neppure Filippo. Dato l’ordine di fermare il carro, si fa immergere da Filippo. A quanto pare, appena emersi dall’acqua, lo Spirito del Signore rapisce Filippo, in termini reali e spaziali, collocandolo lungo la costa (per lo strano e indefinito rapimento, cfr. 2Re 2:16-18; 1Re 18:12; Ez 3:14; 8:3; 11:1, 24; 2Cor 12:2). Forse, quantunque Luca non lo affermi esplicitamente, a Filippo va ascritta l’evangelizzazione in Lidda, Ioppe e Cesarea (Atti 9:32, 36). Quanto all’eunuco, scompare dalla storia degli Atti, come spesso risulta per alcuni personaggi introdotti da Luca. Pieno di gioia per la nuova nascita, non si preoccupa più di Filippo. Di lui si è impadronita la leggenda: tornato tra i suoi, avrebbe iniziato a predicare il Vangelo (gli Abissini lo considerano il primo apostolo della loro terra); poi si sarebbe recato nell’Arabia e persino nell’isola di Ceylon, dove avrebbe subito il martirio. Notizie in Ireneo, Eusebio e Girolamo.

 

SENSO E COLLOCAZIONE DELL’EPISODIO NEGLI ATTI

Nella trama narrativa degli Atti l’episodio s’inserisce assai bene. Luca è autore accurato che persegue un obiettivo ben preciso: «Voi riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su di voi, e mi sarete testimoni in Gerusalemme e in tutta la Giudea e Samaria fino alle estremità della terra» (At 1:8). In effetti, gli Atti descrivono l’origine, lo sviluppo e le caratteristiche essenziali del Regno di Dio, la Chiesa, nel primo trentennio seguente la morte di Gesù, la cui santa gloria è annunciata anche a Roma, capitale dell’immenso impero.

Numerose vicende (non tutte, però) Luca ricorda nella sua opera storiografica prima di porre Paolo nell’Urbe, vicende che s’incarnano nella vita ora piana ora tortuosa della Chiesa, la nuova Via. Guidata dallo Spirito Santo, essa si dirama dappertutto, quasi triturando, spezzando le consuetudini, i vincoli, le ritrosie culturali e storiche di un mondo antichissimo, animato da un mosaico di popoli con esigenze esistenziali ben diverse e definite. Il Vangelo unisce: unisce l’Ebreo al Samaritano ed entrambi al Gentile. L’umanità dedita al peccato, ossia l’umanità vittima di Satana, signore della morte, ha come un sussulto rigeneratore, esito della proclamazione della salvezza in Cristo Gesù, cardine e signore della vita e della storia.

Dopo aver dunque narrato per gradi il decorso dell’evangelizzazione da Gerusalemme alla Giudea, Luca presenta l’ingresso della nuova Via in Samaria (cap. 8). Promotore ne è Filippo, il cui apporto si dimostra rilevante grazie alla Parola e ai miracoli dispensati ai Samaritani, di contro alle pratiche e alle credenze magiche locali (cfr. 8:4ss). Nel caso dell’eunuco, all’opposto, è la sola Parola ad apparire quale potenza di Dio necessaria alla conversione (cfr. Rm 1:16). Vi è da rilevare, alla fine della missione tra i Samaritani odiati e reietti, che questi hanno ascoltato il Vangelo e ottenuto, in virtù della loro obbedienza, la piena cittadinanza nel (nuovo) popolo di Dio, l’Israele spirituale, la Chiesa di Cristo. Anche l’eunuco appartiene al mondo dei ripudiati: la sua mutilazione gl’impedisce la partecipazione ai beni dell’Israele materiale (cfr. Dt 23:2-9). Ma il Signore misericordioso apre a lui e ai suoi consimili le porte del Regno, cui accede grazie al battesimo. V’è di più:

  • l’eunuco proviene da uno spazio geografico lontano, posto all’estremità della terra (cfr. At 1:8), estremità che non sono rappresentate unicamente da Roma (At 28: Paolo giunge infine nella capitale dell’Impero): l’Africa, l’Etiopia si è avvicinata al Signore (Sal 67:32);
  • la conversione dell’eunuco anticipa quella di Cornelio – quest’ultima di fondamentale importanza nell’attuazione del piano salvifico. Per mezzo di essa ha luogo la necessaria rottura con la pratica legalista (circoncisione) del giudaismo e si annuncia l’universalità della salvezza senza passare attraverso la legge di Mosè (anche i Gentili sono dunque partecipi dei doni messianici). Per tale motivo, dando la priorità a Cornelio, Luca lascia in sospeso, indefinito, il ruolo religioso dell’eunuco etiope: questi ad un tempo è e non è, resta sospeso nell’àmbito intermedio tra giudaismo e paganesimo (Schneider).

Dal punto di vista di Luca, il ciclo degli Atti di Filippo si chiude per lasciare il campo a Paolo, il grande apostolo dei Gentili.

 

GLI INSEGNAMENTI PER IL CREDENTE

Nell’episodio dell’eunuco, letterariamente così ben costruito da Luca, vi sono quattro protagonisti (Dio, lo Spirito Santo, Filippo, l’eunuco) tutti essenziali al buon fine di esso, ossia al battesimo dell’eunuco. L’analisi dell’azione congiunta di questi quattro protagonisti sarà molto utile per trarre quegli insegnamenti che si ricavano sempre dalla Parola del Signore.

DIO

È il regista e autore del lungo e composito disegno di salvezza attuatosi nella storia umana. È suo desiderio che tutti gli uomini (nessuno escluso, quale che sia la sua razza o condizione) siano salvati e giungano alla conoscenza della verità (1Tm 2:4). Gesù disse: «Nessuno può venire a me se non lo attira il Padre, che mi ha mandato» (Gv 6:44). Tale forza di attrazione è il vangelo, attraverso cui Dio chiama tutti i peccatori (2Ts 2:14; 1Ts 5:24; Gal 1:6, 15; 5:8, 13; 1Cor 1:9; 7:17, 24; Rm 8:28, 30). Come l’eunuco non si convertì per miracolo ma dopo aver ascoltato la Parola, anche oggi i non-cristiani possono arrivare alla speranza della vita eterna, se si sottomettono al vangelo di Dio. Non occorre certo attendere l’incontro con il Signore sulla strada per Damasco. Apparendo a Paolo e agli altri apostoli nel suo stato glorioso, Gesù di conseguenza si è manifestato all’umanità intera. Dio invia la sua gente, i cristiani, i suoi messaggeri a predicare la Buona Notizia di Gesù risorto. Proprio oggi può ripetersi, in ogni parte della terra, l’incontro tra Filippo e l’eunuco, alla gloria di Dio Padre in Cristo Signore.

LO SPIRITO SANTO

Conduce e istruisce i credenti per mezzo della Bibbia. La sua opera consiste nel presentare alla creatura umana ciò che si deve fare per la propria, e l’altrui, conversione («Quando sarà venuto [lo Spirito Santo] convincerà il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio», Gv 16:8ss). Nessuna seria evangelizzazione può essere sviluppata in assenza delle direttive impartite dallo Spirito nelle Sacre Scritture. Quando l’Etiope, al v. 31, chiede l’aiuto di Filippo per intendere la profezia isaiana, in realtà sta chiedendo l’intervento dello Spirito, giacché chi guida il peccatore alla conoscenza della verità è lo Spirito, agente attraverso la corretta predicazione del vangelo (ricordiamo il detto di Gesù in Mt 23:8ss: nessun maestro, nessun padre, nessuna guida che siano umani). Benedette sono dunque quelle chiese che hanno anziani / pastori / vescovi, evangelisti e insegnanti fedeli ai comandi dello Spirito (e non a quelli di centri di potere umano) attente ai voleri di Dio e sempre più tendenti alla predicazione del vangelo in tutta la sua purezza e semplicità. La fedeltà allo Spirito, che compie la santificazione, è garanzia di salvezza (Ef 4:11ss; 1:13ss; Rm 12:6-8; 2Tm 2:2; 1Tm 3:1ss; Tito 1:5ss).

FILIPPO

È il modello, il tipo del cristiano e dell’evangelista dedito all’annuncio di Cristo. Il compito di predicare spetta a tutti i credenti. I quali sono chiamati a dare la propria valida ed efficace testimonianza in ogni occasione opportuna e stabilita dallo Spirito del Signore (cfr. At 16:7, dove lo Spirito proibisce a Paolo e Sila di predicare in Bitinia; lo Spirito indica a Filippo dove recarsi a spargere il seme del Regno). Occorre riconoscere che assai spesso le nostre argomentazioni in merito all’evangelizzazione vengono vanificate o annullate dal Signore, che riesce a sorprenderci facendoci raccogliere laddove abbiamo magari seminato con sfiducia. Abbiamo talora il brutto vizio di predire chi si convertirà e chi non si piegherà a Cristo. A noi è comandato di seminare e non di preannunciare orgogliosamente e con criteri di giudizio umano. Quanti di noi avrebbero replicato allo Spirito: «Che cosa vado a fare in una zona deserta?». Filippo invece si alzò e partì fiducioso, pur non sapendo quel che sarebbe accaduto. Occorre pazienza e amore nel saper interrogare la Bibbia sul da farsi (l’intelligenza che proviene dalla Bibbia non si acquisisce in un attimo, ma nella pratica costante degli insegnamenti di Gesù). Da Filippo s’imparano le seguenti lezioni:

  • il predicatore è al servizio del Signore e dei peccatori seguendo unicamente le direttive di Dio;
  • bisogna abbandonare le proprie remore o ritrosie;
  • occorre seminare prontamente e senza esitazioni la Parola di Dio, con fedeltà, correttezza e competenza;
  • l’uomo di Dio deve essere sempre pronto a profittare delle occasioni;
  • l’evangelizzazione esige un’ottima preparazione biblica.

EUNUCO

Non frappone tempo od ostacoli alla propria salvezza. È un uomo dotato di buona disposizione, senza la quale non v’è docilità. Lo Spirito gli ha inviato l’araldo, Filippo; con molta umiltà e amore per l’apprendimento delle verità divine, egli chiede di essere condotto al Signore (cfr. Sal 25:8-9: «Il Signore è buono e giusto; perciò insegnerà la via ai peccatori. Guiderà gli umili nella giustizia, insegnerà agli umili la sua via»). Il peccatore orgoglioso, che sfida e provoca Dio con la sua sapienza umana (la quale è pazzia presso Dio stesso, 1Cor 1:20), non giungerà mai alla salvezza: bisogna piuttosto svuotarsi del proprio essere e apprendere dal Signore («Se uno vuole venire dietro a me, rinunzi a se stesso, prenda la sua croce e mi segua», Mt 16:4).

 

Arrigo Corazza