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I PRINCIPI DEL “PADRE NOSTRO”

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«Quando pregate, non siate come gli ipocriti, poiché essi amano pregare stando in piedi nelle sinagoghe e agli angoli delle piazze per essere visti dagli uomini. Io vi dico in verità che questo è il premio che ne hanno. Ma tu, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, rivolgi la preghiera al Padre tuo che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, te ne darà la ricompensa. Nel pregare non usate troppe parole come fanno i pagani, i quali pensano di essere esauditi per il gran numero delle loro parole. Non fate dunque come loro, poi-ché il Padre vostro sa le cose di cui avete bisogno, prima che gliele chiediate. Voi pregate così: “Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà anche in terra come è fatta in cielo. Dacci oggi il nostro pane quotidiano; rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori; e non ci esporre alla tentazione, ma liberaci dal maligno» (Mt 6:5-13).

 

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«La fine di tutte le cose è vicina; siate dunque moderati e sobri per dedicarvi alla preghiera» (1Pt 4:7)

 

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A ben guardare, la preghiera del “Padre nostro” (secondo la redazione di Mt 6:9-13) contiene i principi fondamentali del Vangelo. Ripetuta per secoli, assurta nelle masse a ruolo di preghiera ufficiale, meccanica, ormai priva di senso, essa è invece una petizione a Dio sempre viva ed attuale per il significato che intende dare riguardo al modo di rapportarsi con la divinità: difatti, il “Padre nostro” sa spiegare, in poche parole, come debba essere impostata la comunione con il Signore. Diamo, pertanto, un’occhiata a questo insuperabile modello di preghiera.

Dio (e nessun altro) è (e deve rimanere) l’oggetto della preghiera e della vita di chi crede in Cristo. Egli è nostro Padre, nel senso che ci ha concesso la grandezza spirituale di poterlo chiamare in sì dolce modo. Soprattutto, egli è nei cieli, mentre noi siamo sulla terra piagata dal peccato. Non si dimentichi mai tale realtà, e in particolar modo la differenza esistente tra Dio e l’uomo.

Scopo della vita è santificare il suo nome, cioè separare Dio dal mondo e dal peccato: Dio è diverso, è migliore, è superiore …

Il suo Regno, la Chiesa, è già venuto a Pentecoste, ma purtroppo deve ancora penetrare nelle coscienze di tutti gli uomini.

Compito del cristiano è predicare il Regno di Dio facendo la volontà divina.

Accontentarsi del pane quotidiano è segno di chiara maturità spirituale. In un mondo quale quello di oggi, dominato dal materialismo, è cosa buona vivere modestamente e cristianamente, senza troppi grilli per la testa. Del resto, è noto che Dio provvede sempre alle necessità dei suoi (Mt 6:33).

In Cristo la remissione dei peccati è assicurata a chi si pente; anche noi, allora, dobbiamo essere capaci di rimettere ai nostri debitori ravveduti. Ciò è assai importante, perché raccoglieremo ciò che avremo seminato.

Chiediamo soprattutto al Signore di non esporci alla tentazione e di consentirci di vincerla mediante la fede in lui. Chiediamogli la liberazione dal maligno, dal peccato, dai momenti bui e terribili della nostra vita insidiata dal male.

Il discepolo di Cristo non ha dubbi: il modello del “Padre nostro” è valido tuttora e lo sarà sino alla fine del presente iniquo sistema. Tuttavia, perché si riveli efficace ai fini della salvezza, il “Padre nostro” va applicato con costanza, nella quotidianità: infatti, chi potrà salvarsi nell’aldilà senza aver praticato la Parola del Signore come egli vuole?

 

Arrigo Corazza