IL CULTO DELLE IMMAGINI E LA BIBBIA
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«V’è un solo mediatore fra Dio e gli uomini: Cristo Gesù uomo, il quale diede se stesso quale prezzo di riscatto per tutti» (1Tm 2:5).
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Secondo l’insegnamento cattolico, le reliquie sono testimonianze o avanzi mortali di alcune persone ritenute “sante”. Il Concilio di Trento (XXV sessione; 3 -4 dicembre 1563) affermò che «per mezzo di essi, corpi o parti del corpo, molti benefici sono stati da Dio concessi agli uomini». Il fenomeno che circonda le reliquie è associato indissolubilmente al culto dei santi ed è anch’esso derivato dal paganesimo antico. I pagani, infatti, attribuivano una notevole importanza a certi luoghi dove si diceva essere apparsa una data divinità, la quale vi aveva lasciato un suo particolare oggetto. Questo veniva conservato come una reliquia e portato in processione dai sacerdoti desiderosi di propiziarsi i favori di quella divinità. Lo stesso è accaduto e tuttora accade nella religiosità cattolica, nella quale esiste una vera e propria caccia alle reliquie di martiri o di santi nella speranza di essere protetti ed aiutati nelle varie necessità da tali resti carichi di benefica potenzialità.
I cattolici non si impressionano affatto di fronte al dilagare di un siffatto traffico di reliquie, asserendo che il culto non si ferma alla reliquia ma sale sino al santo che mediante la reliquia (vera o falsa, non importa) viene ricordato e venerato. Ogni paese, ogni parrocchia deve avere la sua reliquia, il suo feticcio da adorare. È così che avviene il moltiplicarsi delle reliquie. Esistono migliaia di frammenti della “vera” croce di Cristo. Se tali frammenti «fossero tutti autentici la croce di Cristo sarebbe alta chilometri» (Alfonso Di Nola). La stessa miracolosa moltiplicazione si verifica a proposito dei chiodi della croce: in giro ve ne sono più di mille.
Degno di menzione è certamente il brano che segue (desunto da “L’Europeo” del 23 novembre 1981, firmato da Fiamma Arditi e Fabio Troncanelli): «Le reliquie si moltiplicano. Le più curiose le elenca Collin De Ploncy nel suo ‘Dizionario delle Reliquie’ scritto all’inizio dell’Ottocento [in Italia presso le edizioni Newton Compton]. Gocce di latte della Madonna, ultimo sospiro di Cristo sulla croce, piuma dell’arcangelo Michele, membro di San Bartolomeo (protettore delle donne!), cervello di San Pietro, ombelico e lacrime di Gesù, coccige di Sant’Ignazio di Loyola, grasso di San Pantaleo, un’esclamazione di San Giuseppe chiusa in bottiglia, e denti, arti, membra di tutti i martiri veri o presunti. C’è anche chi è arrivato ad inventare il santo; come i parrocchiani di un villaggio vicino a Pescara: Loreto Aprutino. Nel 1711 chiedono al Papa il permesso di prendersi da una catacomba qualche osso per la loro chiesa che non ha nemmeno una reliquia. Su una lapide leggono l’iscrizione latina Sopitus in Domino (“addormentato nel Signore”) e cominciano senza esitazione a venerare San Sopito».
Dal numero de “L’Europeo” già citato, leggiamo ancora quanto scrive il professor Di Nola: «Ci si trova così in presenza di otto prepuzi di Gesù Cristo, conservati in varie chiese (a Roma e nel Lazio se ne venerano due), a ettolitri di latte della Madonna, a chilometri di frammenti di vera croce … Nel nostro Paese l’Evangelo, così teso verso la ragione, così denso di annunzi che toccano l’uomo, è restato sommerso nel cimitero delle tibie, dei prepuzi, delle perdite bianche della Vergine Maria. Ed è così triste!».
VALUTAZIONE FINALE
I primi cristiani non si sono mai curati di possedere le reliquie di Cristo o dei martiri. Stefano, dopo essere stato lapidato (At 7), fu seppellito ma, anche se si fece gran cordoglio, nessuno cercò di possedere, a scopo di devozione, pezzetti del suo abito o del suo corpo per farne reliquie. Anche se hanno vissuto santamente su questa terra, i cristiani non possiedono alcuna speciale potenza di mediazione a favore di altri uomini. Di questi cristiani si può dire tutt’al più: «Beati i morti che da ora innanzi muoiono nel Signore. Sì, dice lo Spirito, essendo che si riposano dalle loro fatiche, poiché le loro opere li seguono» (Ap 14:23). Mentre la Chiesa Cattolica Apostolica Romana afferma che i santi sono mediatori tra Dio e l’umanità intercedendo presso di lui a favore dei viventi, la Bibbia insegna, all’opposto, che Cristo è l’unico mediatore: «V’è un solo mediatore fra Dio e gli uomini: Cristo Gesù uomo, il quale diede se stesso quale prezzo di riscatto per tutti» (1Tm 2:5).
Qual è la logica e biblica conclusione del discorso sin qui fatto? Una sola: occorre tornare al Vangelo, alla religione del tempo apostolico, all’insegnamento genuino di Cristo. Ci renderemo immediatamente conto che il vero cristiano ha ancora la capacità di trasformare gli animi e di migliorare la qualità della vita, predicando a tutti l’affrancamento dalle superstizioni, dall’ignoranza e dagli inganni degli uomini. Sostituendo al culto voluto da Dio un tipo di adorazione creata dalla superstizione e dall’ignoranza, non è certo possibile piacere al Signore: «Invano mi rendono il loro culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini» (Mt 15:9).
Infine, degne di massimo rispetto sono sempre le parole con cui Cristo sconfisse definitivamente la tentazione di Satana: «Adora il Signore Iddio tuo; a lui solo rendi il culto» (Mt 4:8-10). Chi ama Dio non dimentica queste parole, anzi le serba nel cuore con tutta la possibile devozione, applicandole costantemente nella sua vita di cristiano.
Arrigo Corazza