VIDEO – LA VITA, LA MORTE E L’ETERNITÀ (2011)
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Questo proverbio assai antico (forse di origine medievale) esprime l’idea che va bene quello che passa il convento, anche la mediocrità, perché il poco è comunque meglio del niente.
Dio ha voluto raccogliere i credenti in Cristo nella sua Chiesa, che è il suo corpo (Ef 1:23), la sua famiglia (1Tim 3:15). Cristo è il Salvatore del corpo (Ef 5:23), della Chiesa. Cristo ha amato la Chiesa ed è morto per lei (At 20:28). Asceso al Padre, ha fatto alcuni doni agli uomini: apostoli, profeti, evangelisti, pastori e dottori. Questi doni servono al perfezionamento dei santi (cioè dei cristiani) in vista dell’opera del ministero (= servizio), che consiste nella predicazione del Vangelo e nell’edificazione del corpo di Cristo (Ef 4:9-11).
Dio ha inviato Cristo per salvare gli uomini; Cristo ha inviato lo Spirito Santo per istruirli nell’unica fede (Ef 4:5). La Chiesa di Cristo non è mai sola, quando è con il Signore e con la sua Parola ispirata. I doni che Cristo ha fatto alla Chiesa (in primis, se stesso) sono una benedizione per la vita della comunità di credenti (= cristiani) che si raccoglie sotto la sua autorità.
La gestione, il governo, la cura della Chiesa di Cristo sono di fondamentale e assoluta importanza. Tale gestione si esplica nei vari servizi che taluni credenti svolgono ai fini dell’esistenza stessa della Chiesa, che ha due soli scopi da perseguire: la predicazione del Vangelo e la cura (spirituale e materiale) dei cristiani che sono parte della Chiesa. I ministri (= servitori) della Chiesa debbono essere capaci di svolgere il compito al quale il Signore li ha chiamati. Essi debbono avere le qualità necessarie a curare la vita del corpo di Cristo. Pertanto, occorre che la Chiesa locale sia molto attenta nella loro scelta.
CHE COSA DEVE AVERE LA CHIESA DI CRISTO PER ESISTERE?
La Chiesa deve avere Cristo (la pietra angolare), lo Spirito Santo (nella Bibbia), gli apostoli e i profeti (fondamento della Chiesa stessa in quanto ispirati da Dio: Ef 2:20), e almeno due cristiani.
La forza di una Chiesa non si basa sul numero, ma sulla fedeltà alla Parola di Dio. La forza di una Chiesa non si basa neppure sulla maggioranza: avere pochi membri ma fedeli a Cristo conta più che avere un gran numero di membri un po’ fedeli e un po’ infedeli. Le Chiese di Cristo che puntano al numero hanno sbagliato obiettivo; ciò che conta è la predicazione del Vangelo, della verità, senza piegarsi al mondo e alle sue dottrine. È vero che il gran numero si può ottenere anche attraverso la sana predicazione del Vangelo; tuttavia, bisogna fare attenzione a non volere il gran numero sopra ogni altra cosa, anche a costo di sacrificare la genuinità e purezza del Vangelo.
Occorre guardarsi dalla tentazione di fare le cose a metà, di accontentarsi di quel che passa il convento. Il cristiano cerca le cose migliori dal punto di vista spirituale (Fil 1:10), e non il raccogliticcio – spesso per motivi politico-ecclesiali. Il cristiano non aderisce all’idea che sia “meglio poco che niente”.
PUÒ LA CHIESA DI CRISTO ESISTERE SENZA UN EDIFICIO MATERIALE?
Sì. Una sala di riunione non è condizione indispensabile per l’esistenza della Chiesa. È vero pure che esistono difficoltà pratiche senza una sala pubblica di riunione (a livello d’impatto, qualcuno interessato potrebbe non gradire la frequentazione in abitazioni private). Di solito, però, la mancanza di una sala di riunione è spesso dovuta, più che alla volontà di non averla, alla scarsità di fondi a disposizione della Chiesa (fondi che provengono unicamente dalla colletta domenicale: 1Cor 16).
PUÒ LA CHIESA DI CRISTO ESISTERE SENZA MINISTRI (EVANGELISTI, ANZIANI / VESCOVI / PASTORI / DIACONI / INSEGNANTI)?
Sì. Capiamo benissimo dalla Scrittura che il modello voluto da Cristo li prevede, e che senza di essi la Chiesa sarà penalizzata nel corso del tempo ad esplicare tutto il suo potenziale, ma è meglio non avere ministri che averli senza le piene qualifiche richieste dallo Spirito Santo. Ancora una volta: è totalmente e biblicamente sbagliata l’idea di adeguarsi al “meglio poco che niente”. Pensare che il poco sia meglio del niente può valere in alcuni contesti umani, non nella Chiesa di Cristo, specie per quanto riguarda l’elezione di anziani / vescovi / pastori. Costoro, sempre uomini e sempre una pluralità, devono avere tutti (cioè ciascuno di essi) tutte le qualità richieste da Paolo. Certo, ci sono punti in discussione circa 1Tim 3:1 e Tt 1:5, che nessuno sottovaluta, ma la figura dell’anziano / vescovo / pastore vi è delineata con sicurezza.
Se Paolo dice che essi devono avere figli credenti, ciò vale per tutta la prole, non per una parte sì e per una parte no. A questo proposito, ci si lancia nelle più ardite ipotesi («se uno ha dieci figli, nove sono cristiani e uno no, non può essere eletto anziano? Non ha dimostrato di saper governare la propria famiglia?». Al che si potrebbe replicare con il principio opposto, vale a dire che non sia stato in grado di governare tutta la sua famiglia). Presentare queste ipotesi numeriche, che si vogliono spesso risolvere avanzando il principio che ciò che conta è la maggioranza, vagheggiare deroghe al comando divino è un ulteriore e tragico esempio della mancanza di rispetto, umiltà e della presenza di arroganza e potere umano. Prevale la carnalità, e non la spiritualità che proviene dalla Bibbia. Chi sono gli uomini per modificare il dettato della Sacra Scrittura o proporre deroghe? Chi ha conferito loro tale autorità? Cristo o l’uomo?
Eleggere anziano (o pastore o vescovo) un vedovo (che pure ha saputo governare a suo tempo la propria famiglia secondo l’ideologia del Regno e che abbia già servito quale anziano) non è assolutamente cosa da fare. Se Paolo esige che abbia moglie, ciò significherà pure qualcosa. L’equilibrio spirituale di un cristiano sposato non è lo stesso equilibrio di un cristiano vedovo o celibe. Si tratta di due sistemi di vita diversi; il primo si confà all’elezione, il secondo no. Ma si dice: «ma quando ha servito nel passato lo ha fatto in modo eccellente; ora, però, è vedovo da (qualche o da tanto) tempo. Perché non può servire ancora?». E perché dovrebbe servire ancora se non è sposato? Chi ammette la deroga? Su quale base, se non sulla potenza degli uomini? Si potrebbe cadere ancora più in basso dicendo di un candidato celibe: «è un ottimo cristiano; perché non dovrebbe curare la Chiesa di Cristo?». In questo caso la discriminante è che il vedovo ha già servito, provando di avere le qualifiche richieste da Paolo, mentre il celibe no. Di fatto, è la medesima cosa: non hanno moglie né il vedovo né il celibe. Se si ama e rispetta Dio, è meglio non avere un anziano nella Chiesa che averne uno vedovo o celibe. Se poi ciò che conta è avere anziani a tutti i costi, per questioni di politica ecclesiastica, allora è un altro paio di maniche: la questione andrà risolta in altra sede.
La storia fa capire che l’emergere del vescovo cattolico è stato causato da una micidiale inosservanza dei comandamenti paolini. Nel corso del tempo, si è purtroppo giunti a questo. Ma da principio non era così. I vescovi erano sposati, non già vedovi o celibi. Dando un altro sguardo alla storia, risalta il caso di Ambrogio (Sant’Ambrogio dei cattolici), acclamato vescovo di Milano quando non era ancora cristiano.
Ambrogio, tedesco di nascita (a Treviri, intorno al 339 d.C.), proveniente da una famiglia di rango senatoriale (la gens Aemilia) in cui vi erano cristiani, era figlio di un prefetto del pretorio delle Gallie (una delle figure chiave dell’amministrazione romana di quel periodo). A Milano, durante il funerale “in chiesa” del vescovo Aussenzio, Ambrogio (quale funzionario dell’amministrazione romana sotto Valentiniano I), presenziò per evitare problemi tra cattolici e ariani (si era nel bel mezzo della lotta fra queste due fazioni). All’improvviso e a sua insaputa, la folla, dopo averlo riconosciuto, lo chiamò all’episcopato. Fu battezzato ed eletto vescovo dopo una settimana (7 dicembre 374).
Se si entra in una logica di politica ecclesiastica (dobbiamo avere anziani a tutti i costi), allora va bene qualunque candidato: sposato, vedovo, celibe, cristiano, addirittura non cristiano. Se si ammette una sola deroga a Paolo, allora bisogna ammetterle tutte: quindi, perché non andrebbe bene un non cristiano? Oppure, se si vuole scendere nel baratro della follia e della ribellione totale allo Spirito di Dio, perché non eleggere una donna? Nella Chiesa Anglicana lo fanno, e da tempo (2014; le sacerdotesse dal 1994).
Se si apre la porta, allora entrerà di tutto, e la Chiesa non sarà più di Cristo ma degli uomini, secondo i tempi, i luoghi e i modi. Un’eccezione vale tanto quanto le altre. Bisogna smetterla di ragionare in questo modo, perché non si va da nessuna parte, e la Chiesa locale che predilige siffatte consuetudini andrà in rovina nella lunga gittata. Perché non si segue più la Parola di Dio, ma quella degli uomini.
Arrigo Corazza