PREOCCUPARSI PER LA CHIESA: UN PENSIERO SANO E COSTANTE

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PREOCCUPARSI PER LA CHIESA: UN PENSIERO SANO E COSTANTE

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Abbiamo mai seriamente pensato a quanto ci adoperiamo per le cose nostre? E quanto poco, invece, per quelle del Regno di Cristo, la Chiesa? Le nostre malattie fisiche non sono più importanti del nostro stato spirituale. Spesso viviamo dichiaratamente nel peccato, lontani da Dio e dalla salvezza eterna, ma non ce ne preoccupiamo affatto … Il mondo ci sta ammazzando con il suo modo di pensare. Forse che la nostra patria è terrestre? Non abbiamo invece una patria o cittadinanza celeste a cui mirare con ardore (Fil 3:20)?

Che cosa si rivela più bello per noi? Stare con il Signore nell’eternità oppure vivere lontano da lui per sempre, nella pena e nella disperazione? Perché non avvertiamo quel potente orgoglio di allargare a tutti i costi i confini del Regno?

 

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«Oltre a tutto il resto, sono assillato ogni giorno dalle preoccupazioni che mi vengono da tutte le chiese» (2Cor. 11:28).

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«Non siate dunque in ansia, dicendo: “Che mangeremo? Che berremo? Di che ci vestiremo?” Perché sono i pagani che ricercano tutte queste cose; ma il Padre vostro celeste sa che avete bisogno di tutte queste cose. Cercate prima il regno e la giustizia di Dio, e tutte queste cose vi saranno date in più. Non siate dunque in ansia per il domani, perché il domani si preoccuperà di sé stesso. Basta a ciascun giorno il suo affanno» (Mt 6:31-34).

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Quante preoccupazioni ricorrono nella nostra vita di tutti i giorni! La pandemia, il lavoro, la famiglia, i figli specialmente, il futuro, la salute, l’inquinamento, la violenza che gira attorno … In modo particolare, siamo assai preoccupati che il Paese vada avanti, che garantisca il posto di lavoro per noi e per i nostri cari. Tante preoccupazioni, e tutte giustificate, senza dubbio.

Ma siamo angosciati per la Chiesa, per il progresso del Vangelo nel mondo, in Italia o nell’ambito in cui viviamo e siamo? Preoccuparsi per la Chiesa è più importante delle altre preoccupazioni, oppure no? Se dovessimo dare un giudizio freddo e spassionato, dovremmo dire che, storicamente, i cristiani in Italia si sono interessati più alle loro cose che a quelle del Signore. L’evidenza è dinnanzi a noi, che, bene o male, viviamo tutti quanti nelle nostre case, ben pasciuti e contenti. Ci lamentiamo sempre, ma, in effetti, non ci manca proprio niente. E l’idea di Chiesa secondo il N.T. in Italia? Non è certo in uno stato florido, dal momento che i cristiani hanno anteposto i loro problemi a quelli del corpo di Cristo. Se c’è da tirar fuori un euro per i nostri problemi, state certi che faremo di tutto. Se manca qualcosa alla Chiesa, non smuoviamo paglia. La questione è triste.

Ma cosa manca alla Chiesa? Soprattutto, ardore, voglia di fare spirituale, interesse, attività, sacrificio … e chi più ne ha ne metta. Le collette sono povere, nelle Chiese italiane, perché assai probabilmente è impoverito il nostro spirito, il nostro modo di vedere le cose di Dio, di soffrire per esse. Le collette sono povere non perché gli Italiani siano poveri, ma perché non abbiamo più nulla da dare al Signore. Facciamo difetto dell’orgoglio di essere cristiani, che ci spinge a dire, con Mt 6:33, «cerchiamo prima il Regno e la giustizia di Dio», che ci spinge a donare noi stessi a Dio e alle necessità della predicazione del Vangelo. Eppure, per le cose del mondo siamo ben orgogliosi. Guai a chi ci tocca! Oppure, guai a chi tocca la nostra famiglia, i nostri cari, i nostri beni!

Paolo, il sommo apostolo di Cristo, aveva tante preoccupazioni, ma quella che lo angosciava maggiormente era lo stato della Chiesa di Dio (2Cor 11:28). Cerchiamo anche noi tutti di vivere con la speranza di poterci preoccupare delle cose di Cristo, in modo da continuare ad essere testimoni della sua risurrezione, e della salvezza da lui recata per tutti i peccatori che intendano ravvedersi.

 

Arrigo Corazza