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STUDIARE LA BIBBIA COME SI CONVIENE

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Studiare il messaggio della Bibbia richiede un impegno fuori del comune, un’attività costante e attenta, una riflessione precisa e una pur minima conoscenza delle tecniche adatte allo studio di qualunque libro (e quindi tanto più necessarie per lo studio di un libro così distante da noi, quanto a costumi e circostanze storiche, come è appunto la Bibbia). In altre parole, bisogna studiare la Bibbia e bisogna studiarla come si conviene, pena il rischio di non capirne il senso.

Come ogni libro, anche la Bibbia è stata scritta facendo uso di canoni letterari vigenti nella lunghissima epoca in cui fu prodotta. Questi modi di scrivere si chiamano “generi letterari”. Nella Bibbia ricorrono molti generi letterari: storie, preghiere, leggi, poesie, profezie, inni, cantici d’amore, discorsi, apocalissi e così via. Tutto ciò, unito alla distanza temporale tra noi e la Bibbia, ci complica la vita. Siamo preda dello sgomento allorché esaminiamo i brani apocalittici della Bibbia (su tutti l’Apocalisse di Giovanni). Eppure, le apocalissi furono un genere letterario diffuso presso gli Ebrei e i primi cristiani; oggi, però, esse non hanno cittadinanza nella nostra usanza di vedere e, specialmente, di esprimere le cose.

Un esempio non biblico ci aiuterà a capire il nocciolo della questione. A scuola abbiamo tutti studiato Dante (1265-1321), il massimo poeta italiano, uno dei geni dell’umanità. Ci è stato insegnato a collocare Dante nel suo tempo, nelle correnti di pensiero storico-­religioso che caratterizzano l’epoca sua. Chi di noi potrebbe intendere un briciolo della poesia di Dante senza una previa comprensione dei tempi in cui visse? Il fiorentino Dante è molto diverso, ad esempio, da noi oggi o dagli intellettuali mussulmani suoi contemporanei, i quali non avevano alle spalle un millennio di cattolicesimo come lui, con tutte le conseguenze che ne derivavano. Nella sua Divina Commedia, Dante parla di inferno, purgatorio e paradiso sulla scorta di secoli e secoli di pratiche ed orientamenti teologici propri dell’Occidente medievale dominato dalla Chiesa Cattolica Romana. Al contrario, l’intellettuale mussulmano viveva in un mondo molto diverso da quello di Dante, cioè in un ambito dominato da categorie mentali differenti da quelle proprie dell’Occidente medievale. Ecco quindi che cosa fare in primis per intendere Dante: immergersi nella sua vita distinguendone accuratamente i fatti e le scansioni storiche.

Questo stesso viaggio a ritroso deve farsi per ciascuna opera letteraria che non appartenga più ai nostri tempi. Perché, invece, quando si apre per la prima volta la Bibbia si dimenticano tutti i sacrosanti principi del corretto studio di un libro, con il risultato di chiuderla immediatamente in quanto risulterebbe “troppo difficile”? Ma la Divina Commedia è “più facile” della Bibbia?

Vi sono stati studiosi italiani (tra i quali Umberto Eco) che hanno giustamente fatto notare come sia assolutamente sbagliato nelle scuole italiane non insegnare nulla a proposito della Bibbia (si studia Omero, ad esempio, ma non la Bibbia). Eppure la Bibbia è stata definita il grande “codice” dell’Occidente (Northrop Frye): senza la Bibbia, infatti, esisterebbe poco o nulla di ciò che ci circonda da un punto di vista letterario, artistico, architettonico, e via dicendo. Lo stesso Dante non sarebbe diventato quello che è, essendo il suo orizzonte mentale compiutamente tracciato dalla Bibbia.

Devastante è l’ignoranza degli studenti italiani (e non solo …) a proposito della Bibbia come insigne opera letteraria, unica nel suo genere in tutte le letterature prodotte dal genere umano. Richiesti qualche decade fa di esprimere il primo pensiero al suono della parola “genesi”, la maggior parte degli studenti intervistati ha detto di pensare al famoso complesso rock britannico Genesis (capeggiato da Phil Collins e, in tempi più lontani, da Peter Gabriel).

La domanda d’obbligo, giunti a questo punto, è la seguente: ma gl’Italiani non sono per circa il 90% di religione cattolica? Non sono quindi battezzati, cresimati e via dicendo? Non siamo una nazione (o forse “la nazione”) “cristiana” per eccellenza? Come mai si nota, tra di noi, un’ignoranza così diffusa della Bibbia? Di là dalle tre citazioni bibliche più ricorrenti («occhio per occhio, dente per dente», «chi è senza peccato scagli la prima pietra», “non fare agli altri” [sic!], quando l’originale di Mt 7:12 è il contrario: «Tutte le cose che voi volete che gli uomini vi facciano, fatele anche voi a loro» …), moltissimi Italiani sanno veramente poco o addirittura nulla della Parola di Dio.

 

Arrigo Corazza