L’INCONTRO TRA GESÙ E IL GIOVANE RICCO
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«Il giorno seguente, Giovanni era di nuovo là con due dei suoi discepoli; e fissando lo sguardo su Gesù, che passava, disse: “Ecco l’Agnello di Dio”. I suoi due discepoli, avendolo udito parlare, seguirono Gesù. Gesù, voltatosi, e osservando che lo seguivano, domandò loro: “Che cercate?”. Ed essi gli dissero: “Rabbì (che, tradotto, vuol dire Maestro), dove abiti?”. Egli rispose loro: “Venite e vedrete”. Essi dunque andarono, videro dove abitava e stettero con lui quel giorno. Era circa la decima ora» (Gv 1:35-39).
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Dall’ascolto della Parola di Dio scaturisce la fede (Rm 10:17). Dopo averla ottenuta, il credente si dispone a diventare discepolo di Gesù. La fede (cioè “fiducia”) nella persona di Gesù di Nazaret, è il segno distintivo della vita del cristiano rispetto a qualunque altro tipo di credenza, pur rispettabile che sia (o si ritenga che sia). Di conseguenza, non si può essere discepoli di Cristo, ossia “cristiani” (At 11:26; cfr. Mt 18:19-20), senza averlo mai incontrato: solo questo evento – capitale per la vita di chiunque – è in grado di determinare la ferma convinzione di rimanere fedeli sino alla morte a lui, a Gesù di Nazaret, che è la Parola di Dio incarnata (Gv 1:1-18), il Signore (Fil 2:11), il Messia [Cristo], il Figlio dell’Iddio vivente (Mt 16:16).
La convinzione che si possa arrivare a Dio solo attraverso Gesù stabilisce la differenza nei tipi di credo religioso: si può credere a Dio e non essere cristiani (come accade nell’ebraismo e nell’islamismo). Ma anche all’interno del cosiddetto “cristianesimo” vi è il rischio di ritenersi “cristiani”, ma di non esserlo realmente quando si seguono gli uomini e non il Signore.
«Ah, se incontrassi Gesù adesso, allora andremmo sicuramente d’accordo noi due, figuriamoci!» … Superficiale qual è, l’uomo la fa molto facile, ma non è sempre semplice dialogare con Gesù. Facendo uso delle fonti neotestamentarie, esaminare alcuni incontri da lui avuti con persone simili a noi si rivela assai importante e spesso sorprendente (perché nulla è così scontato come si tende a pensare). In realtà, gli esiti del dialogo con il Signore non sono mai sicuri: dipende dalla prontezza con cui si accettano i molti doni che egli dispensa. Tale prontezza, a sua volta, deriva dalla disposizione spirituale che si ha verso di lui (se quest’ultima è stata costruita e irrobustita nel tempo, bene, altrimenti sono dolori perché non la si può inventare lì per lì). Gesù ci chiama da duemila anni: siamo noi pronti a rispondere alla sua chiamata e dialogare con lui?
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A ben guardare, l’incontro tra Dio e l’uomo è di tipo forzoso, nel senso che prima o dopo, volente o nolente, l’uomo è costretto a dare un’interpretazione della realtà naturale che lo circonda, ossia è costretto ad interrogarsi su questioni quali: «chi è all’origine di tutte le cose? Perché tutte le cose esistono? Qual è il mio ruolo all’interno di tutte le cose?».
INCONTRARE DIO TRAMITE LA NATURA (“RIVELAZIONE NATURALE”)
Quest’incontro forzosamente stabilito da Dio per tutti gli esseri viventi d’ogni tempo e luogo, passa attraverso la cosiddetta “rivelazione naturale”, che fa capire ed apprezzare l’esistenza di Dio, artefice, pianificatore e reggitore supremo del universo disciplinato ed ordinato (il “cosmo”, secondo gli antichi Greci). Nondimeno, tramite la rivelazione naturale (che, come detto, è il primo stadio dell’incontro con Dio) non si sa ciò che l’Essere Supremo esige dalla sua creatura. Si pone, allora, la necessità di un ulteriore e decisivo approfondimento.
INCONTRARE DIO TRAMITE LA BIBBIA (“RIVELAZIONE SPECIALE”)
Di là dall’incontro con Dio tramite la natura, v’è quello che transita per la rivelazione scritta di Dio: la Bibbia, la quale insegna ciò che si deve o non si deve fare per creare la comunione fra l’uomo e Dio nel Regno di Dio (vedi 2Tm 3:16-17). Con questo ulteriore scavo, l’incontro si fa completo e, in definitiva, indispensabile per la salvezza dell’anima, cioè per la vita eterna, che è il «fine [cioè lo scopo, l’adempimento o traguardo] della fede» (1Pt 1:9). L’incontro con Dio produce due esiti, due effetti opposti: da un lato, amarlo e glorificarlo, oppure, dall’altro, rifiutarlo. Il terzo effetto, tanto caro a molti – quello di tenere il piede in due staffe, ossia il compromesso –, non è possibile. I Romani affermavano: tertium non datur (“non esiste una terza possibilità”); i cristiani, invece, si pregiano di ripetere le parole del Signore, certo assai più incisive del motto latino: «nessuno può servire due padroni; perché o odierà l’uno e amerà l’altro, o avrà riguardo per l’uno e disprezzo per l’altro. Voi non potete servire Dio e mammona [la ricchezza terrena idolatrata]» (Mt 6:24); «chi non è con me è contro di me; e chi non raccoglie con me, disperde» (Mt 12:30). Inoltre, 1Gv 2:15- 17 insegna: «non amate il mondo né le cose che sono nel mondo. Se uno ama il mondo, l’amore del Padre non è in lui. Perché tutto ciò che è nel mondo, la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita, non viene dal Padre, ma dal mondo. E il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno».
DARE ORDINE E SOLIDITÀ AGLI INCONTRI
Una volta conosciuto Dio, i credenti sono chiamati a dare ordine e concretezza ai propri incontri: questa è la comunione con Dio in Cristo Gesù tramite l’opera dello Spirito Santo. Nella nostra vita possiamo fare cattivi o buoni incontri: sta a noi scegliere il da farsi, alla luce della Parola di Dio e con lo scopo della glorificazione di Dio. Prima di passare alla tipologia di alcuni incontri riportati nel N.T., conviene fare un’ultima considerazione. Non è raro sentir dire, da parte di chi non crede, che se incontrasse fisicamente Gesù, crederebbe. Ora, siamo davvero sicuri che sarebbe così? La storia del Signore, quale descritta nei Vangeli, sembra dire piuttosto il contrario: quanti tra quelli che lo hanno visto, conosciuto e ammirato durante il suo ministero terreno lo hanno poi accompagnato alla croce? Secondo le fonti neotestamentarie, Gesù morì solo, come un cane (ma oggi, nel medesimo frangente, forse un cane godrebbe di maggiore considerazione…). Spesso, in religione, le cose non sono così scontate come si pensa o si dice. Cercare d’incontrare il Signore fisicamente è davvero l’ultimo dei pensieri di chi cammina secondo la fede che scaturisce dal N.T. (Rm 10:17; 2Cor 5:7; Gv 20:29; 1Pt 1:8).
TIPOLOGIA DI ALCUNI INCONTRI NEL N.T.
Il N.T. parla di molteplici incontri, alcuni sicuramente cercati, altri apparentemente casuali (com’è, del resto, nell’ordine delle cose umane). Vediamone alcuni appartenenti a questa o a quella categoria, con gli esiti relativi.
Incontri voluti con esito positivo.
Tra gli incontri con il Signore voluti e dall’esito positivo, ricordiamo qui solo quelli di Zaccheo (Lc 19:1-10) e della donna con il flusso di sangue (Mc 5:21-34). Specialmente quest’ultimo è molto significativo – se non addirittura commovente – per noi che lo vediamo e giudichiamo a distanza di due millenni: quasi stroncata da dodici anni di sofferenza, debolezza e sfruttamento da parte di medici incapaci di guarirla, la poveretta ha uno scatto disperato, sicura di poter vincere definitivamente i suoi problemi, e, in mezzo alla folla numerosa, non esita a toccare il Signore, pure sapendo di contravvenire ad una precisa disposizione della legge mosaica circa le donne aventi flussi di sangue (vedi Lv 15:25ss).
Incontri voluti con esiti negativi / incerti.
Al contrario, un incontro molto desiderato ma dagli effetti decisamente negativi è quello tra Gesù ed Erode (Lc 9:9- 7; 23:8-12). Il tetrarca ambiva conoscerlo per vedergli operare segni spettacolari, a guisa di fenomeno da baraccone. Purtroppo per lui, il Signore si comportò (come sempre, del resto) assai dignitosamente e non cedette all’ignobile desiderio (quale esempio per il cristiano!).
Anche l’incontro con il giovane ricco (Mc 10:17-23) ebbe esito negativo (su questo incontro vedi l’editoriale del 3 settembre 2021).
Esito incerto, infine, sembra avere avuto l’incontro fortemente perseguito da Nicodemo, figura biblica tra le più note (Gv 3:1-21): le fonti giovannee, uniche a parlarci di lui, paiono insinuare solo un suo generico accostamento alla fede nel Figlio di Dio, e nulla di più (Gv 7:50; 19:38-42).
Arrigo Corazza